Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Se tu hai un cane, l’onori e accarezzi e vuoi che ognuno lo riverisca per esser tuo cane; e poi con gli altri eretici insieme tratti quella regina degli angioli come se fosse peggio (III 92).
Oggi vediamo, in qualsiasi ora del giorno, persone che accompagnano i cani a passeggio, animali che vengono il più delle volte trattati meglio dei cristiani stessi e per i quali viene perfino usato il verbo “adorare”. Sono creature di Dio, sì, ma penso che un certo limite ci debba essere… Fra Tommaso scrive di ben altro, non essendoci ai suoi tempi questa “frenesia”, a parte certe persone che vivevano agiatamente, ma lontane (fisicamente e mentalmente) dal popolo laborioso e povero.
«O anima devota e benedetta, vuoi tu vincere le passioni? Abbi confidenza in Dio e non temere. Accorgiti che il diavolo è come un cane legato, che non può mordere se non te lo appressi: e può ben abbaiare per atterrirti, ma non molestarti od offenderti» (II 396); così «mortificando ora l’una ora l’altra queste indomite bestie, invece di più sentirle ribellanti, le trovi legate e incatenate a guisa di cane che non potrà mordere, se volontariamente e a posta fatta non gli porgessi il consenso» (II 425). Per i contemplativi «i pensieri sono sempre posti in Dio in quel modo che il cane cerca la lepre, così l’anima cerca il suo Dio» (II 209); «e in quel modo che il cane cerca la fiera, così l’anima cerca il suo Dio» (II 475). Contro gli eretici: «Voglio che si rodino e consumino come cani arrabbiati vedendo la grandezza d’essa [chiesa], né che vi sii potenza per distruggerla» (III 176). «O beata, o felice donna, poiché ti vedo in tanta gloria, contro la quale possono bene i cani d’eresiarchi abbaiare, ma non possono mordere una tanto volante colomba, la quale se ne volò sopra i nove cori degli angioli» (III 204).