Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
E questa rettitudine di cuore, di volontà nasce dalla presenza mia [di Dio]: questa mia presenza serve per maestra, per guida, norma, di operare tutto per me (II 358).
Tantissimi sono i maestri in questo mondo, per ogni branca del sapere, dell’arte e ogni tipo di svago, utile o meno che possa essere. «Uno solo è il vostro maestro, il Cristo» [Mt 23,11], ci dice il Vangelo, e fra Tommaso attribuisce a Cristo questo titolo parecchie volte, ma oltre all’insegnamento egli ci ha dato l’esempio; e papa Paolo VI disse: «L’uomo moderno ascolta testimoni più che maestri, e se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni».
«Gli apostoli come attoniti stanno a vedere quello che voleva far il suo maestro; e parmi che dicessero: “Che volete fare, maestro nostro, e che novità è questa, o Signore? Comandate a noi, che tocca servire: volete forse a noi lavar i piedi? Non sarà già mai vero che il maestro lavi li piedi ai discepoli!» (I 204-205). «O Dio dell’anima mia, quanto oggidì sono lontani i mondani da questa santa scuola! E pur è vero che il maestro è Cristo che disse [Gv 13,15]: “Vi ho dato l’esempio perché anche voi facciate come ho fatto io”» (II 369-370).
«Imparate da questo caro maestro quegli innamoramenti e colloqui che fanno venir le spose [anime] belle e vaghe agli occhi del loro amato sposo» (I 156), come avvenne per l’apostolo «Giovanni che si appoggiò al petto del suo maestro, ove imparò cose tale che sino a quest’ora in parte si sono manifestate» (I 203). «Questa sapienza di spirito ogni semplice o semplicella la può imparare: il maestro è Cristo, dal quale deriva laghi, fiumi, fonti di grazie» (III 238).
«Il corpo è creato di fango e per sua natura cerca le cose di terra; ma con l’aiuto di Dio può divenire celeste, se con frequenti mortificazioni sa ridurlo a perfezione, come fa un esperto maestro con un suo discepolo, che da ignorante lo fa dotto» (cf. II 498), o «in quel modo che un pratico maestro di scherma riparerà i colpi del suo nemico, così l’uomo virtuoso, pratico degli atti di mortificazione, riparerà i colpi dell’amor proprio» (II 107); oppure «un orefice, per ridurre a perfezione un vaso, gli dà molte martellate e lo pone nel fuoco.
Così Dio farà verso di te, o anima, perché dovendo tu esser un vaso pieno di virtù e perfezione, il maestro e artefice vorrà metterti nel fuoco e darti molte martellate per ridurti finalmente a perfezione» (II 85). Però «i sensuali non intendono questa celeste dottrina insegnata e praticata dal maestro della vita Cristo Signor nostro» (III 226). «È cosa di meraviglia il vedere tanti maestri nel mondo che insegnino la via della iniquità, seguitando i comuni abusi, e che pochi siano quelli che insegnano questa vita interna» (III 261).