Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
O caro Gesù, conducete me poverello nella caneva vinaria ove conducesti la vostra amata sposa, acciò, bevendo io di quei vini celesti dell’amor vostro, vada ancor io per le piazze, per le strade cercando il mio diletto (II 477).
In questi ultimi anni vediamo tanta pubblicità dei nostri migliori vini, della tecnologia circa il trattamento delle viti e dell’uva, seguiti dalla visione di lunghe cantine ripiene di centinaia di grosse botti. Ottima cosa un buon bicchiere di vino «che allieta il cuore dell’uomo» [Sal 103,15]. È certo che anche il nostro Autore ne abbia assaggiato; egli però, dal beneficio che il vino reca al corpo, pensa al “vino celeste” che Dio offrirà all’anima innamorata di lui.
«Dio mio, datemi il vostro amore […] e gemerò e piangerò dì e notte all’uscio della vostra pietà sperando, o mio caro Dio, mi abbia da introdurre nella caneva vinaria ove conducesti la cara sposa dei Cantici» (I 310), ove «l’anima rimira il suo Dio con l’occhio d’amore, ove resta imbriacata dell’amor del suo Dio, mentre che Dio la mena nella caneva vinaria del suo amore» (II 263).
«In questa caneva sono introdotti gli innamorati con veste nuziale. E l’anima, quanto più beve, cresce maggior sete d’amore, ma mai si sazia di ben amare. E dopo aver amato, crescono maggior fiamme d’amore» (II 296); e così «vola nei divini misteri, contemplando la bellezza e bontà del suo Dio, bevendo i soavi e dolci vini della caneva vinaria dello sposo, ove, come imbriaca d’amore, cerca il suo diletto sposo» (II 578).