“È interesse della Chiesa collaborare. Mi auguro che la commissione chiarisca tanti dubbi, qualche volta anche illazioni, comprensibili perché quando non si sa la verità tutto diventa verosimile. E a maggior ragione è importante stabilire la verità”. Lo dice al Giffoni Film Festival il cardinale Matteo Maria Zuppi, vescovo di Bologna e presidente della Comunità Episcopale Italiana, rispondendo a una domanda sul caso di Emanuela Orlandi e sul coinvolgimento della Chiesa nella vicenda.
Sul conflitto israelo-palestinese il cardinale sottolinea quanto espresso già da papa Francesco: “La posizione è di cessate il fuoco, del ‘parliamo’, il coraggio del negoziato.
Perché ci vuole coraggio a negoziare, dice il papa. Per noi la prospettiva è la soluzione dei due Stati”, ma soprattutto “bisogna trovare la via per sconfiggere l’odio e l’incapacità di vivere insieme a stare e crescere insieme. In questo senso c’è tantissimo da fare”.
Michela Murgia mi insegnò la parola queer
Come conciliare il cattolicesimo e il mondo queer della comunità Lgbt? Al Giffoni Film Festival il cardinale Matteo Maria Zuppi, vescovo di Bologna e presidente della Comunità Episcopale Italiana, non si tira indietro e risponde alle domande sui temi più rilevanti per i ragazzi. “Con tanta insistenza a Lisbona per la Giornata Mondiale della Gioventù – dice – papa Francesco ha dichiarato e ha sottolineato che nella Chiesa ci devono stare tutti. Tutti, a prescindere da qualunque consonante o vocale. Questo è importantissimo: dobbiamo imparare a stare insieme, a prescindere da qualunque etichetta o definizione e lo impariamo stando dentro e non fuori”. “E poi, bisogna capire cosa significa ‘queer’ a mio parere. A me lo spiegò – ricorda – una persona il cui nome era Michela ed il cognome era Murgia. Mi raccontava dei figli che aveva, con cui non aveva un legame di sangue. Si sposò con un uomo perché gli voleva bene e perché potesse continuare ad aver quel legame con questi figli. Credo che questo dovremmo impararlo tutti, che può esistere un legame senza che necessariamente ci sia un risvolto giuridico. Il punto è volersi bene”.
È sul senso di comunità, sulla capacità di stare insieme e sulle difficoltà di metterle in pratica nel mondo di oggi, che Zuppi centra il suo incontro con i ragazzi del Festival di Giffoni. “C’è bisogno di credere? No. C’è tanta gente che dà forme di altruismo e attenzione al prossimo, forme di generosità, senza credere – ma aggiunge anche -. Aiuta credere? Ti aiuta a non usare gli altri, a volergli bene per davvero, ma le religioni non hanno l’esclusiva del voler bene”. E afferma: “L’individualismo è una malattia pericolosissima, che ci fa vivere da isole. Noi non siamo fatti per essere isole, non ci fa essere contenti. Noi siamo contenti quando vogliamo bene”.