Come appare dallo stesso nome, il movimento del Rinnovamento nello Spirito, sorto negli Stati Uniti nell’immediato post-Concilio e portato in Italia nel 1970 con l’esperienza di un primo gruppo di preghiera, nasce all’insegna della riscoperta della presenza dello Spirito Santo nella vita, onde attuare una renovatio della spiritualità personale e comunitaria che attinga alla sorgente viva del suo Soffio. Esso può essere definito la proposta di “un’esperienza della grazia di Dio attraverso la preghiera per una nuova effusione dello Spirito Santo”[1], o un movimento “sorto per grazia dello Spirito Santo per il ristabilimento dell’unità di tutti i cristiani”[2].
Il movimento
Il movimento, come propria specificità, non valorizza alcun carisma particolare, perché si prefigge di porre l’uomo in ascolto di tutti i carismi, in attesa di quanto Dio intenderà donare attraverso lo Spirito. Ciò comporta un particolare sviluppo dell’aspetto della confidenza quale forma naturale, estremamente spontanea del proprio rapporto a Dio, di una preghiera che assume le forme più libere e di massima spontaneità nella certezza che lo Spirito ‘educhi’ al dialogo intenso e profondo con Dio. Di qui anche la coltivazione di una prospettiva sanamente ‘provvidenzialistica’ della storia personale ed ecclesiale, dove la Scrittura diviene – non senza qualche rischio di eccesso efettivamente riscontrato – una chiave di lettura illuminante della vita, latrice della massima densità di significato che per essa si possa dare, comunque infinitamente superiore a quanto l’uomo possa soltanto concepire. Imparare a leggere la propria vocazione, il progetto di Dio su di sé e corrispondervi ‘seguendo’ il profilo che viene disegnandosi man mano, procede in parallelo con l’attenzione riservata ai doni dello Spirito che il credente attende fiducioso. Per questa sorta di ‘abbandono’ alla volontà e al progetto di Dio e dell’osservazione scrupolosa di ciò che viene a disegnarsi quale suo progetto, il referente ideale della spiritualità del Rinnovamento potrebbe essere, con il ‘principio di passività’ che guidò e illuminò la propria vita, Antonio Rosmini, se solo fosse conosciuto.
Il Rinnovamento
Resta il fatto che questa esperienza ‘liberante’ della vita dello Spirito manifesta, seppure sporadicamente, qualche segno di insofferenza nei confronti degli aspetti ‘strutturali’ della Chiesa-istituzione, sebbene nel complesso anche il Rinnovamento risulti dotato di un forte senso di appartenenza ecclesiale, che attiva collegando la propria riflessione pneumatologica a quella di una solida ecclesiologia, la quale spinge i suoi esponenti ad assumere, talvolta, posizioni critiche nei confronti dello scadimento della pastorale, soprattutto verso i casi di palese deresponsabilizzazione, presbiterale o laicale che sia, sotto la spinta dell’avvertito pericolo delle ricadute negative sul piano dell’evangelizzazione. Va pure registrata una tendenza, sempre correlata al carattere di spontaneità e libertà che viene coltivato nel movimento, a valorizzare gli aspetti sentimentali e a-razionali dell’esperienza di fede, talora in opposizione polemica all’inquadramento “razionale” anche della teologia più moderata, onde si inclina facilmente al sospetto e all’attribuzione di “razionalismo” alle forme tradizionali del pensiero teologico[3]. Similmente a quanto si osserva per il Cammino Neocatecumenale, il Rinnovamento tende ad accentuare nei suoi aderenti il senso dell’esperienza di conversione individuale quale trasformazione radicale dell’esistenza, che si sia svolta con il passaggio da un’effettiva precedente lontananza dalla vita della Chiesa o meno. Così, la surdeterminazione della frattura tra il ‘prima’ e il ‘dopo’ che talvolta si produce, ovvero tra la vita passata e la presente, successiva alla conversione stessa, percepita come una vita profondamente rinnovata, non manca di generare fratture le quali tendono a lasciare lo strascico di una comprensione scissa della propria esistenza. Tuttavia il più delle volte la frattura si ricompone gradualmente in una prospettiva unitaria, dove il nuovo stile di vita e il punto di vista assunto riescono ad illuminare e a ricomprendere positivamente anche il passato, offrendo un motivo supplementare di maturazione nella fede. Ancora similmente al Cammino Neocatecumenale, il Rinnovamento si rivolge costantemente, a fondamento e motivazione della propria identità e ruolo carismatico al servizio della Chiesa, ai documenti del Concilio Vaticano II.
[1] L. Marconi, Rinnovamento nello Spirito, in: Pontificia Università Gregoriana – Istituto di Scienze Religiose, Oltre laicismo e clericalismo. Il cristiano adulto, Napoli, Chirico, 2002, p. 44.
[2] Profilo teologico-pastorale del Rinnovamento nello Spirito Santo, [Presentazione] di D. Foglio, s.n.e., [Brescia, 1983], p. 5.
[3] Dell “consapevolezza del rischio” definito come “tipico del R.n.S., di favorire un sentimento religioso slegato da un’autentica fedeltà allo Spirito e, per così dire, fine a se stesso”, designato anche col termine di “sentimentalismo”, e prospettando addirittura il rischio di “forme di fanatismo religioso e carismatico”, evitabile con un’adeguata formazione spirituale e dottrinale e “un’educazione equilibrata di tutto l’uomo”, è lo stesso Profilomesso a punto nei primi anni ’80 da alcuni esponenti del movimento e presentato da d. Dino Foglio (Profilo teologico-pastorale del Rinnovamento nello Spirito Santo, cit., p. 21).