La lettera dal convento di Fra’ Gianluigi Pasquale di oggi, venerdì 9 febbraio.
LA CHIAMATA: UN DESIDERIO IN TRE ATTIMI
Tutti i religiosi e i sacerdoti si accomunano, tra le altre cose, per essere dei «chiamati», ossia per essere stati oggetto di una «chiamata» («vocatio» in latino) da parte di Dio. È ovvio che questo fenomeno riguarda tutti i cristiani e le cristiane, eppure nei religiosi appare loro peculiare a motivo della scelta attuata per tutta la vita, di cui abbiamo parlato nelle Lettere precedenti, con i tre voti.
L’invito a uscire da sé
L’evento della chiamata – o della vocazione soprannaturale – appare molto interessante perché è una delle tante dimostrazioni dell’esistenza di Dio, dal momento che ne mostra l’attività nel tempo e nella storia. La Sacra Scrittura è intrisa di chiamate di patriarchi, profeti, re e sacerdoti, come quella di Abramo (Gn 12,1), Isaia (Is 6,8) e quella “classica” di Samuele (1Sam 3,1-4). In tutte agisce, per così dire, una tripletta: Dio chiama, il chiamato sente una voce e, quindi, gli risponde con un «eccomi» (Lc1,38) o con un alcunché di corrispondente. Ogni chiamata di Dio, poi, invita a uscire fuori, a muoversi a «stare fuori di sé», il che corrisponde all’etimo e al significato di «ex–sisto», ossia all’«esistenza». In riferimento alla tripletta, sarà utile chiederci: come può Dio parlare, se in realtà tace sempre? E come può un giovane sentire una voce che pare muta? Infine: non sarà tutta autosuggestione questo fenomeno che si definisce «vocazione» o «chiamata»? Questi tre interrogativi, nello scenario attuale costituito solo di informazioni, notizie, ed «emoji» da «whatsapp», sono molto importanti perché uno od una si decide per sempre di consacrarsi a Dio se percepisce chiaramente un invito, non se acquisisce un’informazione in più.
Quella voce diventa irresistibile
La chiamata divina è, innanzitutto, un irresistibile, gioioso e gratificante desiderio di seguire Gesù Cristo per tutta la vita perché così si è percepita la sua «voce» divina (Gv 1,38). Questo è il primo attimo della chiamata. Di certo nessun monaco, frate o suora ha sentito il timbro della voce di Dio, ma in quel desiderio innestato dalla grazia divina nel cuore, in un certo qual modo, sì: Dio si è udito. E piuttosto chiaramente, anche. Per capire questo desiderio, bisogna provarlo sulla propria pelle. È talmente irresistibile, che non cessa mai e dura finché il cuore batte, più ancora di quanto il cervello possa funzionare. Nel desiderio, Dio mostra – per così dire – in un “video-clip” al chiamato tutto il tempo che al momento della chiamata gli sta innanzi, per cui il giovane non sta (più) nella propria pelle finché non comincia a balbettare un primo «sì, Signore, Ti seguirò dovunque tu vada» (Lc 9,57). Questo è il secondo attimo della chiamata. L’artefice di tutto ciò è la soavissima persona dello Spirito Santo. Poiché noi siamo fatti, però, di una pasta di sentimenti e relazioni, il desiderio accade in un modo del tutto particolare: per contagio.
La bellezza del contagio
Un giovane, in realtà, risponde alla chiamata – questo è il terzo attimo della vocazione – perché ha “banalmente” incontrato un altro chiamato, un frate, una suora, un monaco, un sacerdote. Gioioso, convinto ed evangelico. In questo caso, vi è un contagio, all’inizio piuttosto inconsapevole, tale per cui il contagiato sorvola il contagiante per rifarsi alla fonte che in lui agisce e che è Dio il quale, nel tempo della Chiesa, trasmette i battiti e i sentimenti del Figlio Gesù Cristo. In breve: uno “sente” la chiamata di Dio ad essere frate francescano, per esempio, perché ne ha percepito le vibrazioni in un altro frate già chiamato. Non è un’illusione, anzi. Perché lo stesso giovane, come avesse adesso un «sé osservante» alla sua destra, “si vede” compiere scelte e decisioni che mai si sarebbe sognato di prendere. E la “prova” divina sta nel fatto che la decisione dura, cioè resiste, al trascorrere del tempo e degli anni. Il nucleo è sempre quello: la «parola» detta e ascoltata. Oggi, forse, manca piuttosto la prima, ma siamo sempre in tempo a pronunciarla, tra i giovani e nella Chiesa: «se vuoi, essere perfetto, va, vendi tutto quello che possiedi, poi vieni e seguimi» (Mt 19,21).