La crisi che continua a stravolgere il popolo haitiano minaccia di peggiorare a causa delle violenze delle gang che sfollano famiglie, distruggono la produzione agricola e impediscono agli aiuti di raggiungere chi ne ha disperatamente bisogno. Un recente rapporto pubblicato dall’Integrated Food Security Phase Classification (IPC) ha rilevato che circa 5,7 milioni di haitiani – su una popolazione di circa 11 milioni – stanno affrontando gravi carenze alimentari, mentre i gruppi armati rafforzano la loro presa sulla nazione caraibica e l’economia devastata continua a crollare. L’IPC stima che i gruppi armati controllino ora circa il 90% di Port-au-Prince, la capitale, e negli ultimi mesi si sono espansi nelle regioni agricole. La violenza, inoltre, ha costretto 1,3 milioni di persone ad abbandonare le proprie case – un aumento del 24% da dicembre – e molte si sono rifugiate in siti temporanei sovraffollati e privi di servizi di base. Gli agricoltori che rimangono sulle loro terre devono negoziare con le bande per l’accesso e cedere parte dei raccolti. Le piccole imprese hanno chiuso i battenti, eliminando fonti di reddito per innumerevoli famiglie. Anche quando i raccolti raggiungono rese normali, i prodotti non possono raggiungere Port-au-Prince perché le bande bloccano le strade principali.
In sei anni consecutivi di recessione i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 33% lo scorso luglio rispetto all’anno precedente. L’emergenza sempre più critica colpisce pesantemente i bambini. Un ulteriore recente rapporto ha rilevato 680 mila piccoli sfollati a causa della violenza – quasi il doppio rispetto alle cifre precedenti – con oltre 1000 scuole costrette a chiudere e centinaia di minori reclutati dai gruppi armati. La situazione della sicurezza rimane instabile. Giovedì 16 ottobre si sono verificati pesanti scontri a fuoco quando i funzionari governativi hanno tentato di incontrarsi al Palazzo Nazionale nel centro di Port-au-Prince, costringendo a una rapida evacuazione da un’area a lungo controllata dalle gang.
Sul fronte sanitario è di questi ultimi giorni la notizia diffusa dall’organizzazione medica internazionale Medici senza frontiere (Msf) che, a causa delle violenze in corso nella capitale è stata costretta a chiudere definitivamente il centro di pronto soccorso di Port-au-Prince. Attualmente sono più del 60% le strutture sanitarie della capitale, compreso l’ospedale generale di Haiti, chiuse o non funzionanti a causa dell’aumento della violenza delle bande.
In questo contesto di devastazione, criminalità, violenza, fame, miseria nel piccolo villaggio montagnoso di Pourcine Pic-Makaya la popolazione va avanti con resilienza grazie anche al grande contributo dei missionari presenti sull’isola caraibica.
Tra questi, padre Massimo Miraglio, missionario Camilliano e parroco del villaggio a 300km da Port au Prince, ha raccontato all’Agenzia Fides di aver condiviso ‘un’esperienza che può aiutare la Comunità ad avanzare sulla buona strada’ come lui stesso ha riferito.
“Lo scorso 17 ottobre siamo stati nel fondovalle per una giornata di formazione per 15 insegnanti della scuola di Alfabetizzazione avviata a metà marzo 2025 (vedi Agenzia Fides 5/3/2025) – racconta. In questo piovoso mese di ottobre gli spostamenti diventano difficilissimi a causa del fango sui sentieri che li rende molto scivolosi. Dall’altra parte è un piacere ammirare come la gente del posto, dai più anziani ai bambini, si muovano con agilità e coraggio su questi scoscesi e scivolosi cammini, indossando semplici ciabatte da ‘mare’… io, al contrario, malgrado gli scarponcini ‘made in Italy’, sono molto meno agile! Abbiamo passato insieme una bella giornata e gli insegnanti hanno migliorato la loro preparazione. Speriamo di poter organizzare presto una seconda giornata, richiesta da tutti i partecipanti. Agli inizi del mese di novembre ripartiremo con la scuola Alpha per adulti.” conclude padre Massimo. (Agenzia Fides).





