È cominciata con una “photo opportunity” l’udienza generale di oggi. Il Papa infatti, dopo aver compiuto il primo tratto sulla jeep bianca scoperta, acclamato da una folla anche oggi straripante che ha congestionato tutti varchi di accesso a piazza San Pietro, una volta arrivato ai piedi del sagrato è sceso a piedi dall’auto per concedersi all’abbraccio degli sposi novelli, tutti in abito nuziale, che come di consueto hanno un posto privilegiato nelle udienze del mercoledì. Poi Papa Leone li ha salutati e si è fermato in mezzo a loro per una fotografia, prima di risalire sulla papamobile e continuare il giro tra i vari settori delimitati dal colonnato del Bernini. Protagonisti, come sempre, i bambini, che il Papa ha salutato e accarezzato grazie al solerte aiuto degli uomini della Gendarmeria Vaticana. Immancabili i cellulari che fanno da coreografia all’appuntamento del mercoledì, immortalato dai fedeli con foto e selfie.
Un “luminoso documento” che “ci insegna a incontrare i seguaci di altre religioni non come estranei, ma come compagni di viaggio sulla via della verità; a onorare le differenze affermando la nostra comune umanità; e a discernere, in ogni ricerca religiosa sincera, un riflesso dell’unico Mistero divino che abbraccia tutta la creazione”. Così il Papa ha definito la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che compie 60 anni e alla quale ha dedicato la catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro, ancora una volta, davanti ad una folla sterminata di persone. “Sessant’anni fa, il 28 ottobre 1965, il Concilio Vaticano II, con la promulgazione della Dichiarazione Nostra Aetate, aprì un nuovo orizzonte di incontro, rispetto e ospitalità spirituale”, ha detto Leone XIV, che ha identificato nell’incontro di Gesù con la donna samaritana “l’essenza dell’autentico dialogo religioso: uno scambio che si instaura quando le persone si aprono l’una all’altra con sincerità, ascolto attento e arricchimento reciproco”. “È un dialogo nato dalla sete”, ha spiegato il Pontefice: “La sete di Dio per il cuore umano e la sete umana di Dio. Al pozzo di Sicar, Gesù supera le barriere di cultura, di genere e di religione. Invita la donna samaritana a una nuova comprensione del culto, che non e limitato a un luogo particolare ma si realizza in Spirito e verità. Questo momento coglie il nucleo stesso del dialogo interreligioso: la scoperta della presenza di Dio al di là di ogni confine e l’invito a cercarlo insieme con riverenza e umiltà”.
“La Chiesa non tollera l’antisemitismo e lo combatte, a motivo del Vangelo stesso”. A ribadirlo, sulla scia dei suoi predecessori, è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla Nostra Aetate, il cui primo orientamento “fu verso il mondo ebraico, con cui San Giovanni XXIII intese rifondare il rapporto originario”. “Per la prima volta nella storia della Chiesa doveva così prendere forma un trattato dottrinale sulle radici ebraiche del cristianesimo, che sul piano biblico e teologico rappresentasse un punto di non ritorno”, ha osservato Leone XIV. “Il popolo del Nuovo Testamento e spiritualmente legato con la stirpe di Abramo”, si legge infatti nella dichiarazione conciliare: “La Chiesa di Cristo riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mose e nei profeti”. La Chiesa, “memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque”. “Da allora, tutti i miei predecessori hanno condannato l’antisemitismo con parole chiare”, ha fatto notare il Papa: “E così anch’io confermo che la Chiesa non tollera l’antisemitismo e lo combatte, a motivo del Vangelo stesso”.
Oggi possiamo guardare con gratitudine a tutto ciò che e stato realizzato nel dialogo ebraico-cattolico in questi sei decenni”. Lo ha detto il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro e dedicata ai 60 anni della Nostra Aetate. “Ciò non e dovuto solo allo sforzo umano, ma all’assistenza del nostro Dio che, secondo la convinzione cristiana, e in sé stesso dialogo”. “Non possiamo negare che in questo periodo ci siano stati anche malintesi, difficolta e conflitti, che però non hanno mai impedito la prosecuzione del dialogo”, ha ammesso Leone XIV: “Anche oggi non dobbiamo permettere che le circostanze politiche e le ingiustizie di alcuni ci distolgano dall’amicizia, soprattutto perché finora abbiamo realizzato molto”.
“Lo spirito della Nostra Aetate continua a illuminare il cammino della Chiesa”. Ad affermarlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata al 60° anniversario della dichiarazione conciliare, che “riconosce che tutte le religioni possono riflettere un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini e cercano risposte ai grandi misteri dell’esistenza umana, cosi che il dialogo deve essere non solo intellettuale, ma profondamente spirituale”. La Nostra Aetate, ha sottolineato Leone XIV, “invita tutti i cattolici – vescovi, clero, persone consacrate e fedeli laici – a coinvolgersi sinceramente nel dialogo e nella collaborazione con i seguaci di altre religioni, riconoscendo e promuovendo tutto ciò che è buono, vero e santo nelle loro tradizioni”. “Questo è oggi necessario praticamente in ogni città del mondo dove, a motivo della mobilità umana, le nostre diversità spirituali e di appartenenza sono chiamate a incontrarsi e a convivere fraternamente”, il mandato del Pontefice.
“La Nostra Aetate ci ricorda che il vero dialogo affonda le sue radici nell’amore, unico fondamento della pace, della giustizia e della riconciliazione, mentre respinge con fermezza ogni forma di discriminazione o persecuzione, affermando la pari dignità di ogni essere umano”. Lo ha detto il Papa, che a 60 anni dalla Nostra Aetate ha lanciato un forte appello ai leader religiosi: “Agiamo insieme. Più che mai, il nostro mondo ha bisogno della nostra unità, della nostra amicizia e della nostra collaborazione. Ciascuna delle nostre religioni può contribuire ad alleviare le sofferenze umane e a prendersi cura della nostra casa comune, il nostro pianeta Terra. Le nostre rispettive tradizioni insegnano la verità, la compassione, la riconciliazione, la giustizia e la pace”.






