La Chiesa cattolica sta subendo un durissimo attacco ad opera del governo del Nicaragua, in cui l’ex guerrigliero Daniel Ortega sempre più si trasforma in autocrate pronto a contrastare ogni potenziale contro-potere nel piccolo Stato centroamericano. Il leader, tra i simboli in passato della sinistra anti-imperialista e guerrigliera dell’America Latina, porta il regime a involversi sempre di più e non riuscire a trovare un compromesso con una Chiesa Cattolicache negli ultimi anni è sempre più sotto assedio.
Dal 2018, quando le alte gerarchie ecclesiastiche criticarono ad alta voce il Governo per la repressione delle proteste di piazza di decine di migliaia di cittadini stanchi del carovita e dell’involuzione della democrazia, tra il governo del Nicaragua e il mondo cattolico è iniziato un braccio di ferro. Con la Santa Sede che più volte ha ammonito Ortega sul rispetto dei diritti religiosi nel Paese e il Governo che ha proseguito in un duro giro di vite.
Solo nell’ultimo mese c’è stato un affondo governativo con pochi eguali: a 1.500 Ong cattoliche, tra cui molte associazioni caritatevoli, è stata revocata la personalità giuridica; María Amelia Coronel, ministro dell’Interno del Nicaragua, ha imposto la cessazione delle trasmissioni nel Paese di Radio Maria, attiva dal 1984 in Nicaragua e sempre più critica dell’autocrazia sandinista; sono state cancellate le istituzioni solidali che creavano un fondo pensione integrativo per i sacerdoti; inoltre, il numero di violazioni di luoghi o funzioni religiose, di molestie contro sacerdoti e credenti e di atti esplicitamente anti-cristiani ha fatto segnare 870 episodi nel solo mese di agosto, secondo l’avvocatessa Martha Patricia Molina, che da tempo denuncia la persecuzione anti-cristiana. Enti attenti alla protezione dei credenti, come Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), hanno più volte denunciatol’involuzione della situazione interna al Nicaragua e l’intimidazione continua insita nell’arresto di vescovi e prelati.
La situazione in Nicaragua
E mentre la situazione internazionale si fa sempre più tesa e le proteste nell’alleato Venezuela lasciano pensare che il vento inizi a volgere in maniera negativa per i Governi come quello di Ortega, su cui di recente è piovuta anche la critica del leader colombiano di sinistra Gustavo Petro, l’arrocco del presidente accelera le tensioni con la Santa Sede. La quale ha nei mesi scorsi messo in moto un’opera di disconoscimento del Governo nicaraguense con clamorosi gesti di protesta, come ha ricordato Michael Hendriks su Canopy Forum: “A marzo 2023, il Vaticano ha annunciato che avrebbe chiuso la sua ambasciata dopo che il Governo nicaraguense ha proposto di sospendere le relazioni diplomatiche in merito ai commenti di Papa Francesco che paragonavano l’amministrazione di Ortega a una dittatura comunista o nazista. La chiusura dell’ambasciata da parte del Vaticano dimostra la sua crescente frustrazione per le politiche del governo nicaraguense” che non si è sanata col passare del tempo, anzi.
La Chiesa cattolica in Nicaragua sta pagando sulla propria pelle la scelta ecumenica di non farsi plasmare come Chiesa “nazionale” a uso e consumo dell’autocrate di turno durante le proteste del 2018, quando a Ortega importava cercare nella società sponde per la repressione del dissenso. Sponde che, dalla Chiesa, non sono arrivate. E così, un movimento di potere già rivoluzionario, al cui successo contro la dittatura castrense negli Anni Settanta e Ottanta contribuirono molti sacerdoti vicini alla Teologia della Liberazione, ora sceglie di scagliarsi contro la Chiesa per limitare la libertà di espressione del suo popolo. Mostrando la cartina di tornasole di una torsione autoritaria sempre più evidente.
Articolo di Andrea Muratore per insideover.it
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