“Difendere il dono di Dio della vita in ogni fase del suo sviluppo”: lo ribadisce Papa Francesco in un messaggio ai Cavalieri di Colombo riuniti in questi giorni in Canada. “In questi tempi segnati da nuove guerre, conflitti e disordini sociali”, Papa Francesco torna a ribadire anche l’instancabile appello a tutti i cristiani “a pregare per la giustizia, la pace e la riconciliazione nella nostra famiglia umana”. Il messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, è indirizzato a Patrick E. Kelly, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo, in occasione della 142ª supreme convention in corso a Québec City dal 6 all’8 agosto.
In particolare il Papa – scrive Vatican News – esprime gratitudine “per gli sforzi dei Cavalieri nel prendersi cura dei bisogni dei nostri fratelli e sorelle nell’Ucraina dilaniata dalla guerra, delle comunità cristiane del Medio Oriente e di tutti coloro che subiscono persecuzioni per la loro fede in Cristo”. Sono “cause che gli stanno particolarmente a cuore come Pastore della Chiesa Universale”, si legge nel messaggio. Che prosegue: “Insieme alle attività caritative dei suoi Consigli locali in tutto il mondo, il vostro Ordine continua a dare un eccezionale sostegno e incoraggiamento agli sforzi per difendere il dono di Dio della vita in ogni fase del suo sviluppo, per sostenere la dignità dell’istituzione del matrimonio e per far progredire la missione della Chiesa nei Paesi in via di sviluppo”.
Le altre notizie di oggi:
rimetti i nostri debiti’ tema del Messaggio Pace 2025
Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace” è il tema scelto dal Papa per la prossima Giornata Mondiale della Pace 2025.
“Il titolo del Messaggio della 58a Giornata Mondiale della Pace, che sarà celebrata il 1° gennaio 2025, manifesta una naturale consonanza con il senso biblico ed ecclesiale dell’anno giubilare e si ispira in particolare alle Lettere Encicliche Laudato Si’ e Fratelli tutti, soprattutto attorno ai concetti di Speranza e di Perdono, cuore del Giubileo: una chiamata alla conversione volta non a condannare, ma a riconciliare e rappacificare”, spiega il Vaticano. “Partendo dall’osservazione della realtà dei conflitti e dei peccati sociali che affliggono l’umanità oggi, guardando alla speranza insita nella tradizione giubilare della rimozione dei peccati/cancellazione dei debiti e alla riflessione dei Padri della Chiesa, potranno emergere orientamenti concreti che portino ad un cambiamento tanto necessario in ambito spirituale, morale, sociale, economico, ecologico e culturale”. Per il Dicastero dello Sviluppo umano integrale “soltanto da una vera conversione, personale, comunitaria e internazionale, potrà fiorire una vera pace che non si manifesti solo nella conclusione dei conflitti, ma in una nuova realtà in cui le ferite siano curate e ad ogni persona venga riconosciuta la propria dignità”.
Vaticano, su fine vita spazio per mediazione legislativa
No all’eutanasia, sì alle cure palliative ma anche uno “spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo”. E’ la posizione della Pontificia Accademia per la Vita sul fine vita espressa in un vademecum dal titolo ‘Piccolo lessico del fine vita’. “La libertà implica quindi sempre l’esigenza di essere responsabili della vita: in me e nell’altro, indissolubilmente. Una prospettiva che certo non collima con una concezione individualista, che tende a ridurla alla solitudine dell’autodeterminazione assoluta e cede alla volontà di potenza dell’amore di sé, senza riguardo per la vulnerabilità alla quale espone gli affetti dell’altro. Siamo tutti radicalmente relazionati”, scrive monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la Vita, nell’introduzione al documento, motivando le ragioni della sua pubblicazione.
“Non disponiamo di noi stessi nel vuoto di ogni legame”, “è così che viviamo, noi umani: fino alla fine”, premette mons.
Paglia, “nell’affrontare i temi evocati dalle singole parole, questo lessico tiene conto del contesto pluralista e democratico delle società in cui in cui il dibattito si svolge, soprattutto quando si entra nel campo giuridico. I diversi linguaggi morali non sono affatto incomunicabili e intraducibili, come alcuni sostengono; lo sforzo che ciascuno compie per comprendere le ragioni dell’altro e per accettare il dialogo con chi la pensa diversamente, favorisce e, favorisce il confronto e un’almeno parziale condivisione delle ragioni valide in favore dell’una o dell’altra scelta”.
“La discussione aperta e rispettosa conduce a un dialogo pubblico capace di influenzare positivamente anche le decisioni politiche, mostrando come le mediazioni tra diverse posizioni non sono necessariamente destinate ad assumere la figura scadente di un compromesso al ribasso o della negoziazione per uno scambio di favori politici”, aggiunge. Nel documento, in sintesi, si ripropone un rifiuto netto dell’eutanasia, così come dell’accanimento terapeutico, il rilancio delle cure palliative e delle “disposizioni anticipate di trattamento”, il cosiddetto testamento biologico, la necessità di trovare, in società democratiche e pluraliste, “un punto di mediazione accettabile fra posizioni differenti” in merito al suicidio assistito, e la possibilità di sospendere alimentazione e idratazione a pazienti in fin di vita.
su nutrizione e idratazione discernere caso per caso
“Le società scientifiche principali definiscono unanimemente le Nia (Nutrizione e idratazione artificiali) come trattamento medico-sanitario a tutti gli effetti”, e anche la loro adozione o eventuale sospensione “chiede di essere declinata con discernimento nei casi concreti”. E’ quanto si legge in un vademecum dal titolo ‘Piccolo lessico del fine vita’, elaborato dalla Pontificia Accademia per la Vita e pubblicato dalla Lev, Libreria editrice vaticana.
La questione delle Nia viene trattata in uno specifico paragrafo che fa il punto sia delle norme civili in merito sia dei documenti ecclesiastici. “In effetti – si legge -, quanto viene inserito nell’organismo è preparato in laboratorio e somministrato attraverso dispositivi tecnici, su prescrizione e tramite intervento medici. Non si tratta pertanto di semplici procedure assistenziali e il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente che le rifiuti con una consapevole e informata decisione, anche anticipatamente espressa in previsione dell’eventuale perdita della capacità di esprimersi e di scegliere”.
“Nelle malattie in cui si protrae uno stato di incoscienza prolungato con possibilità praticamente nulle di recupero, come nel caso dello stato vegetativo permanente – spiega ancora il vademecum -, si potrebbe sostenere che, in caso di sospensione delle NIA, la morte non sia causata dalla malattia che prosegue il suo corso, ma piuttosto dall’azione di chi le sospende. Ci sarebbe allora una differenza rispetto alla ventilazione assistita, che è pure un presidio di sostegno vitale, ma la cui sospensione, in condizioni particolari, non solleva obiezioni perché l’insufficienza respiratoria è parte della patologia in atto. A ben guardare, però – avverte il testo -, questo argomento è vittima di una concezione riduttiva della malattia, che viene intesa come alterazione di una particolare funzione dell’organismo, perdendo di vista la globalità della persona. Questo modo riduttivo di interpretare la malattia conduce poi a una concezione altrettanto riduttiva della cura, che finisce per focalizzarsi su singole funzioni dell’organismo piuttosto che sul bene complessivo della persona”.
“Le singole funzioni dell’organismo, nutrizione inclusa, soprattutto se colpita in modo stabile e irreversibile – si legge nel testo -, vanno considerate nel quadro complessivo della persona. In questa linea si può interpretare l’affermazione di papa Francesco, quando asserisce che gli interventi tecnologici sul corpo ‘possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute. Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona’ (Francesco 2017)”.
“Questa affermazione – prosegue il testo – non è in contrasto con quanto sostenuto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (cf. CDF 2007). La Conferenza episcopale statunitense aveva rivolto alla Congregazione una domanda circa l’obbligatorietà della somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, al paziente in stato vegetativo. La risposta fu affermativa: le NIA devono essere considerate una terapia ‘moralmente obbligatoria in linea di principio […] nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente’. La Nota della Congregazione riconosce peraltro motivazioni eticamente legittime per sospenderla o non impiegarla quando: 1) non più efficace dal punto di vista clinico, cioè quando i tessuti non sono più in grado di assorbire le sostanze somministrate (è il venir meno di quella che si può chiamare “appropriatezza clinica”); 2) non disponibile nel contesto sanitario considerato, affermazione che segnala l’incidenza delle circostanze e delle differenze nell’accesso alle cure; 3) comporta per il paziente ‘un’eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato, per esempio, a complicanze nell’uso di ausili strumentali'”.
“Quest’ultima menzione del disagio fisico del paziente – è scritto – evoca il criterio della proporzionalità dei trattamenti. La prescrizione formulata dalla Congregazione possiede quindi una validità generale, che però chiede di essere declinata con discernimento nei casi concreti”.