Il Papa presiede la messa per il Giubileo del Mondo Missionario e dei Migranti. ”È una bella occasione per ravvivare in noi la coscienza della vocazione missionaria, che nasce dal desiderio di portare a tutti la gioia e la consolazione del Vangelo, specialmente a coloro che vivono una storia difficile e ferita. Penso in modo particolare ai fratelli migranti, che hanno dovuto abbandonare la loro terra, spesso lasciando i loro cari, attraversando le notti della paura e della solitudine, vivendo sulla propria pelle la discriminazione e la violenza”, dice Leone XIV.
”Fratelli e sorelle, quelle barche che sperano di avvistare un porto sicuro in cui fermarsi e quegli occhi carichi di angoscia e speranza che cercano una terra ferma in cui approdare, non possono e non devono trovare la freddezza dell’indifferenza o lo stigma della discriminazione!”, dice ancora il Papa. ”Se per lungo tempo alla missione abbiamo associato il ”partire”, l’andare verso terre lontane che non avevano conosciuto il Vangelo o versavano in situazioni di povertà, oggi – dice Leone – le frontiere della missione non sono più quelle geografiche, perché la povertà, la sofferenza e il desiderio di una speranza più grande, sono loro a venire verso di noi. Ce lo testimonia la storia di tanti nostri fratelli migranti, il dramma della loro fuga dalla violenza, la sofferenza che li accompagna, la paura di non farcela, il rischio di pericolose traversate lungo le coste del mare, il loro grido di dolore e di disperazione”. Spiega Prevost che ” non si tratta tanto di ”partire”, quanto invece di ”restare” per annunciare il Cristo attraverso l’accoglienza, la compassione e la solidarietà: restare senza rifugiarci nella comodità del nostro individualismo, restare per guardare in faccia coloro che arrivano da terre lontane e martoriate, restare per aprire loro le braccia e il cuore, accoglierli come fratelli, essere per loro una presenza di consolazione e speranza”.
”Lo Spirito ci manda a continuare l’opera di Cristo nelle periferie del mondo, segnate a volte dalla guerra, dall’ingiustizia e dalla sofferenza. Dinanzi a questi scenari oscuri, riemerge il grido che tante volte nella storia si è elevato a Dio: perché, Signore, non intervieni? Perché sembri assente? Questo grido di dolore è una forma di preghiera che pervade tutta la Scrittura”, continua il Papa.
Ricordando che anche Papa Benedetto XVI, durante la storica visita ad Auscwitz era tornato sul tema, sottolinea che ”c’è una vita, una nuova possibilità di vita e di salvezza che proviene dalla fede, perché essa non solo ci aiuta a resistere al male perseverando nel bene, ma trasforma la nostra esistenza tanto da renderla uno strumento della salvezza che Dio ancora oggi vuole operare nel mondo”. ”È una salvezza – spiega – che si realizza quando ci impegniamo in prima persona e ci prendiamo cura, con la compassione del Vangelo, della sofferenza del prossimo; è una salvezza che si fa strada, silenziosa e apparentemente inefficace, nei gesti e nelle parole quotidiane, che diventano proprio come il piccolo seme di cui ci parla Gesù; è una salvezza che lentamente cresce quando ci facciamo ”servi inutili”, cioè quando ci mettiamo al servizio del Vangelo e dei fratelli senza cercare i nostri interessi, ma solo per portare nel mondo l’amore del Signore.Con questa fiducia, siamo chiamati a rinnovare in noi il fuoco della vocazione missionaria”.
”Superare gli stereotipi e i pregiudizi”, promuovere la ”cultura della fraternità”, dice ancora Papa Leone XIV. ”Sono tante le missionarie, i missionari, ma anche i credenti e le persone di buona volontà, che lavorano al servizio dei migranti, e per promuovere una nuova cultura della fraternità sul tema delle migrazioni, oltre gli stereotipi e i pregiudizi. Ma questo prezioso servizio – osserva Prevost – interpella ciascuno di noi, nel piccolo delle proprie possibilità: questo è il tempo – come affermava Papa Francesco – di costituirci tutti in uno ‘stato permanente di missione”’.
L’Angelus
In queste ultime ore, nella drammatica situazione del Medio Oriente, si stanno compiendo alcuni significativi passi in avanti nelle trattative di pace che auspico che possano al più presto raggiungere i risultati sperati. Chiedo a tutti i responsabili di impegnarsi su questa strada: cessare il fuoco e liberare gli ostaggi, mentre esorto a restare uniti nella preghiera affinché gli sforzi in corso possano mettere fine alla guerra e condurci verso una pace giusta e duratura”. Lo ha detto il Papa all’Angelus.
“Esprimo la mia preoccupazione per l’insorgenza dell’odio antisemita nel mondo come purtroppo si è visto con l’attentato terroristico a Manchester avvenuto pochi giorni fa”. “Continuo ad essere addolorato per l’immane sofferenza patita dal popolo palestinese a Gaza”. “Nessuno deve essere costretto a partire né sfruttato né maltrattato per la sua condizione di bisognoso o di forestiero. Al primo posto sempre la dignità umana”, ha sottolineato il Papa all’Angelus nel giorno in cui si celebra il Giubileo dei migranti.
Foto: Vatican Media