Sacerdote della diocesi di Bordeaux, padre Clément Barré ricorda in che modo l’identità fondamentale di Gesù Cristo è di fondamentale importanza per la nostra vita spirituale. Così come Cristo è vero Dio e vero uomo, allo stesso modo ogni realtà cristiana deve riuscire a tenere insieme il materiale e lo spirituale, il divino e l’umano, la natura e la grazia. ecco la sua riflessione.
La riflessione
Al concilio di Calcedonia, nell’ottobre 451, la Chiesa definisce quello che si chiama il dogma dell'”unione ipostatica”, cioè che Cristo è una sola persona divina in cui sono unite una natura umana e una natura divina “senza confusione, né mescolanza, né separazione”. Gesù Cristo è quindi la persona del Figlio di Dio, seconda persona della Trinità, in cui sono unite l’umanità e la divinità. Ciò che può sembrare solo un’elaborazione teologica complessa, ben lontana da ciò che fa la vita quotidiana di un cristiano, è in realtà di fondamentale importanza per la nostra vita spirituale. Perché questa identità fondamentale di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, si riflette su tutti i settori della nostra fede cristiana. Al di là della persona di Gesù Cristo, ciò che ci insegna questa definizione di fede è che ogni realtà cristiana deve riuscire a tenere insieme il materiale e lo spirituale, il divino e l’umano, la natura e la grazia.
Come Dio ci parla
Non siamo creature puramente spirituali, ecco perché Dio non ci parla in modo puramente spirituale. Ci raggiunge attraverso un’umanità concreta, attraverso gli eventi della storia degli uomini, attraverso persone, atti e gesti concreti. È attraverso realtà molto concrete, temporali e umane che ci vengono offerti i più grandi doni spirituali. La Chiesa, i sacramenti, il servizio dei poveri, la fratellanza… tutte queste realtà, a vari livelli, partecipano a questo mistero fondamentale di unione intima dell’umano e del divino. Sono tanti luoghi dove Cristo, Dio fatto uomo, si dà da contemplare.
Buona parte delle nostre dispute, dei nostri dibattiti e dei nostri errori deriva da una difficoltà a mantenere l’equilibrio, a onorare come si deve la dimensione materiale e la dimensione spirituale della nostra vita cristiana.
È facile, per un cristiano, dimenticare questa realtà fondamentale della nostra fede, tanto più che tutti abbiamo una “pendenza naturale” che ci spinge a considerare più facilmente, nella nostra vita cristiana, l’elemento spirituale o l’elemento materiale. Credo anche che buona parte delle nostre dispute, dei nostri dibattiti e dei nostri errori derivi da una difficoltà a mantenere l’equilibrio, a onorare come si deve la dimensione materiale e la dimensione spirituale della nostra vita cristiana.
Opere temporali e spirituali
Così, una certa forma di identitarismo cristiano, che si attacca alle forme esterne, alla bellezza dei riti e allo sviluppo culturale della fede, è necessaria se è ben compresa e messa al servizio di una vera relazione spirituale con Dio. Allo stesso modo, un cristiano non può incontrare Dio solo nella preghiera personale facendo l’economia della preghiera comunitaria o della pratica delle opere di misericordia, che ci portano a incontrare Dio attraverso i nostri fratelli. Anche al servizio dei poveri, siamo invitati a praticare sia le opere di misericordia temporale che spirituale, a prendersi cura sia delle realtà temporali che spirituali.
Non di questo mondo ma nel mondo
Infine, è tutta la tensione che Cristo iscrive nella nostra vita: il suo regno non è di questo mondo, ma è già in mezzo a noi, proprio come lui stesso non è di questo mondo e sempre in mezzo a noi. Lavoriamo nel cuore del mondo, attraverso tutte le contingenze storiche e materiali che non possiamo sfuggire, all’avvento di una realtà che lo supera. Così, è Dio stesso che si rende presente in tutte queste realtà. È lì che lo incontriamo, lì che viene a salvarci.
Testo: Aleteia
Foto: Shutterstock






