Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
E a Marta dispiaceva molto la pratica di Maddalena e spesso la ammoniva e la pregava che lasciasse quella mala vita. E mi do a credere che anche Lazzaro facesse il medesimo, sentendo dispiacere del disonore che la sorella faceva alla sua casa (I 384-385).
È cosa lodevole se cerchiamo di non recare alcun dispiacere agli altri, in particolare alle persone a noi più care. Capita però di farlo per inavvertenza e imprudenza o, talora, magari per ripicca. E soffriamo quando ci capita di “fare brutta figura” anche con gli estranei. Fra Tommaso, nella sua alta spiritualità, scrive soprattutto del dispiacere che l’anima può recare a Dio.
«Molto dispiacciono a Dio quelli che lo amano e lo cercano per premio in questa vita e che altro scopo non hanno che gli interessi propri» (II 421), mentre bisogna «cercare la virtù, volerla per gloria di Dio, e, trovando il vizio, rinunciarvi perché dispiace a Dio» (II 177), «non per timore della pena, né per desiderio della gloria, ma perché a Dio dispiace, cercando in ogni luogo e tempo di compiacere a lui» (II 406). «Devi vigilare sopra di esso [corpo] acciocché, sradicate quelle erbe nocive che dispiacer potessero al giardiniero celeste, possa riportarne il dovuto premio» (II 410), perché «gran pazzia sarebbe di un servo di Dio il quale volesse stentare e patire senza frutti e con dispiacere di Dio per ingrassar l’amor proprio» (II 421). E quando l’anima innamorata di Dio giunge a questo livello, «il ricordarsi della morte gli è un dolce refrigerio, la povertà gli è ricchezza, gli applausi, onori e ricchezze gli sono di sommo dispiacere» (II 209). «O caro, o carissimo mio Gesù, purificate in me tutto quello che a voi dispiace; riempite l’anima mia di quelle virtù che a voi piace» (II 370).