Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Erano in quelli contorni molti pastori, pascendo le loro greggi; a questi andarono gli angioli santi, annunciando con gaudio grande il nascimento del Salvator del mondo con dire che andassero al presepio a vedere il bambino nato (I 354).
Una vita tanto difficile quella dei pastori che allevano e custodiscono un gregge, impegnati pressoché tutte le ore del giorno ed esposti a ogni tipo di intemperie. Per nostra fortuna (giacché anche noi godiamo della loro fatica) ci sono ancora dei giovani che scelgono questo tipo di vita, che offre il vantaggio di essere a contatto con la natura e, lo auguriamo, più vicini a Dio. Per fra Tommaso, memore del Vangelo, “gregge” richiama le anime credenti il cui pastore è Gesù stesso (o Dio) che le conduce e protegge, e cerca quella perduta.
«Tiro i miei amanti servi, e come pecore del mio ovile conobbero la voce di me suo pastore, e conduco la mia greggia in pascoli ameni dell’amor mio; ed esse pecore mie sono grasse, morbide, perché pascolano nei verdeggianti e fioriti prati dell’amor mio» (II 303). Oggi Dio provvede ancora mediante «il romano pontefice e tanti predicatori, prelati, religiosi in ogni stato, i quali sono come tanti guardiani che vigilano sopra il gregge del Signore con tanta abbondanza di beni spirituali che confortano e allegrano l’anima» (II 571-572); e la chiesa, «questa nostra pietosa madre ci dà il latte della sua santa dottrina imparata dallo Spirito Santo: dottrina così santa e perfetta, piena di zelo di Dio e della salute nostra […] e vigila sopra il suo gregge, difendendolo dai lupi rapaci» (III 120)». «Usò il Salvatore particolar diligenza nel lavar i piedi a Giuda: lo accarezzava, lo rimirava con sguardi esterni e interni per farlo pur riconoscersi del suo errore, e forse anche gli parlava con parole dolci e con ispirazioni interne cercava il povero padre di convertire il perduto figliolo, la pecorella partita dalla greggia (I 206).