Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Usò il Salvatore particolar diligenza nel lavar i piedi a Giuda: lo accarezzava, lo rimirava con sguardi esterni e interni per farlo pur riconoscersi del suo errore (I 206).
Spesso gli uomini usano tanta diligenza nel compiere il male, affinché tutto avvenga senza destare alcun sospetto sull’autore: ad esempio i ladri che studiano i loro piani fin nei minimi particolari per essere pronti a reagire a qualsiasi ostacolo o imprevisto che possa capitare durante la loro malvagie azioni. Ma, purtroppo, «chi fa il bene non usa la stessa diligenza di chi fa il male» direbbe don Abbondio.
«Per piacer a Dio devi custodir bene il cuore, levando quei germogli di cattivi affetti che tutto ti potessero contaminare, atteso che la natura nostra, essendo al male inclinata, non sa quasi produrre se non triboli e spine; e devi fare come appunto far suole il giardiniero, che con diligenza procura di estirpar spini ed erbe cattive che vengono nel giardino: onde lo fa sì vago e bello che per i fiori odorosi e frutti saporiti ne fa invaghire il padrone, e rallégralo sopra modo per tanta custodia e diligenza usata; onde, godendo e dei fiori e dei frutti, ama e accarezza il giardiniero» (II 410).
«Va’ con i servi di Dio, che cercano di purificare l’amor loro con attendere alla perfezione, perché questi tali cercano di operare con fine alto, di solo operare per puro amore di Dio, mortificando dentro e fuori tutte le cose che non sono in Dio e per Dio, cercano con ogni diligenza di purificare l’intenzione e il cuore da ogni fumo di vanità, regolando la vita loro tutta in Dio» (II 418). A un destinatario di una lettera, fra Tommaso scrive: «Io son più diligente nel suo interesse che non son del mio» (IV 200).