Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Oh a quanti ignoranti, semplici idioti Dio diede gran sapienza, facendo loro capire e intendere quei misteri, quei passi oscuri della divina sapienza che tutta la superbia del mondo non poté mai capire! (II 225).
Anticamente il termine “idiota” significava «individuo privato, senza cariche pubbliche», e per disprezzo «inabile, rozzo». Nel medioevo assunse più il significato di «uomo semplice, persona priva d’istruzione», cioè “illetterato”. In questo senso san Francesco si dichiara “idiota” e, sul suo esempio, il nostro fra Tommaso si definisce tale ben tredici volte negli Scritti. Ottima cosa sono la cultura, la scienza e la tecnologia, e chi eccelle in questo viene onorato e premiato. Diversi invece sono i giudizi di Dio che dice (Is 55,8): «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» [→ Ignoranza].
«[Gli apostoli] predicavano l’Evangelo di Cristo senza timore alcuno, e gli uomini stupivano, si ammiravano, perché, essendo uomini semplici e idioti, pescatori, scalzi, mal vestiti, senza danari, predicavano con tanta dottrina» (I 291). «Oh quanti poveri e semplici idioti stanno alla mensa del suo Signore gustando nella contemplazione i cibi e beveraggi delicati e soavi! Ché tutti i grandi del mondo nei loro stati e regni non gusteranno mai cibi così tanto saporosi e gustosi» (II 189-190).
«E questa è la vera sapienza, che non si impara nelle scuole comuni, ma di questa ne è maestro il crucifisso, e ogni semplice e idiota può diventar provetto» (II 443). «Oh a quanti ignoranti, semplici e idioti Iddio diede questa gran sapienza, che tutta la sapienza e superbia del mondo non può mai capire: e questa sì alta sapienza si impara alle care e sante ferite del crucifisso» (II 478), ma «il letterato, avendo anche lo spirito di Dio, molto maggior amore porterà a Dio di quello dell’idiota e semplice, quando però i gradi dell’amore del teologo superano l’amore del semplice: perché Dio non guarda alla gran scienza, ma al grande amore con il quale è amato dall’anima» (II 187). «Essendo io uomo rozzo, semplice, idiota e senza spirito di Dio, tuttavia dirò una minima particella, aiutandomi voi, o Dio mio» (I 283).