Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
La longa infermità mi ha impedito, e ancora mi sento molto male e con difficoltà gli scrivo questa mia (IV 174). Fra Tomaso […] che si infermò in casa sua di un piede, ove ricevei tanta carità (IV 122).
Con il termine “infermità” solitamente intendiamo una malattia fisica che colpisce l’organismo, in particolare se perdura nel tempo o se è tale da immobilizzare un individuo o da renderlo parzialmente inabile alle sue normali occupazioni; ma può anche essere una debolezza dello spirito, o una pigrizia dell’animo. Fra Tommaso accenna a qualche sua infermità, ma scrive più abbondantemente di un’infermità dell’anima se non è aiutata da Dio, al cui sostegno deve umilmente rivolgersi.
«Vedendo l’anima mia affamata, ridotta a termini di morte, conoscendo l’infermità e debolezza mia, a voi ricorro, o Dio dell’anima mia» (I 395), «acciò la maestà vostra mi dia in cibo questo vostro celeste pane» (I 213). «Tutto sarà vostro, perché sarà acquistato con quel talento che voi mi avrete dato, non a gloria mia, ma vostra. E se mi dovrò gloriare, mi glorierò nelle tante infermità mie» (II 486-487). «Potrai vedere Iddio per mezzo dei lumi di Dio, che come medicine ti avranno purgato dai vizi e peccati che tengono l’anima sommersa nelle tenebre delle proprie passioni […], le quali come tanti catarri e infermità ti tenevano in continue tenebre» (II 463). «Il proprio di tal anime [contemplative] è goder pace nei rumori, goder vita nella morte, goder sanità nelle infermità, libertà nella schiavitù, allegrezza nelle tristezze […]; non intenderà questo chi non può capire se non la propria viltà e bassezza» (II 515). «Se questo nostro Dio si compiace di visitarsi con qualche travaglio e infermità, sono però segni di amicizia, per metter termini a questa carne ribelle allo spirito» (IV 202). «Nella chiesa si trova la medicina per sanar ogni infermità. La penitenza risana per quanto grande sia ogni infermità» (cf. III 177). «Bene potresti dire che in cielo vi abitano i beati, che sia sede di Dio, che ivi non sia povertà che opprima, non infermità che travagli, che non vi siano sdegni, invidie, desideri d’onori, ambizioni di signoreggiare» (II 436).