Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Vedevano i magi la scintillante stella, quasi invitandoli con i suoi chiari raggi affinché entrassero [nella capanna], ché avrebbero visto il nuovo re che cercavano (I 160).
Stupendo questo invito che corona il viaggio dei re magi e che ricordiamo nelle nostre case, nel periodo natalizio, con le numerosissime rappresentazioni del presepio. Tutti abbiamo ricevuto molteplici inviti, talora gratuiti: pranzo, teatro, concerto, mostra, party, compleanno… Altra cosa, però, sono gli inviti del nostro fra Tommaso: abbandonare vizi, passioni e “comodi”, ma accogliere quelli amorosi che il Padre e Gesù rivolgono all’anima nostra per il nostro bene [→ Incitamento].
«E quello che può un innamorato di Dio lo sa lo stesso Dio, che condiscende alle voglie concedendo quanto domanda, anzi lo invita a domandar le grazie e doni per il gran contento che ha di far bene all’uomo vestito di amore» (II 437); e Gesù «invita a questo celeste pane dicendo “venite voi che siete aggravati, e io vi reficerò” (I 212), e ancora: «E che cosa non ho io fatto per tuo amore? Io gridavo mentre ero al mondo: “Chi ha sete venga a me e beva”; e che pensi, anima mia, che io ti volessi dare con quest’invito amoroso?» (II 293), e coloro che lo accettano sono «beati, felici e ben avventurati» (II 155); e «questa divina fonte alla quale c’invita tanto è il cuore spalancato di Gesù Cristo, nostro amantissimo Dio, ove hanno bevuto tanti santi i quali ora godono il loro celeste canevaro Iddio» (II 188).
Fra Tommaso: «Invito tutte le anime dei fedeli e devoti della passione a vedere questo eccesso dell’amore di Cristo. Invito tutti i peccatori a veder a che termini hanno i vostri peccati condotto il Figliolo di Dio. Invito il cielo, la terra, gli animali della terra, i pesci del mare e gli elementi a vedere il vostro creatore» (I 221). «O voi che contemplate le cose della terra transitorie e vane, andate dal vostro Dio, che v’invita alla contemplazione delle cose celesti, permanenti e duranti ed eterne. Lasciate, lasciate ormai il fango, l’oro, la terra per il cielo, le creature per il creatore, l’oscurità per la chiarezza, la bruttezza per la bellezza» (II 216). «Se vogliamo profittare nella via di Dio, è necessario che operiamo con sentimento di Dio tutte le cose nostre, né altra via si può desiderare che la via d’amore: in questa via v’invito tutti» (II 171).