Il commento al Vangelo di domenica 1 dicembre di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Il commento al Vangelo
L’arrivo del Natale fa riemergere una domanda esistenziale: panettone o pandoro? Che il Natale faccia rivivere il mistero della nascita di Cristo, come ci ricorda il presepe… non è più un pensiero scontato. Che il Natale sia il giorno del legame tra Dio e uomo, di un cielo che si abbassa e di un mondo che si rialza, trovando luce e pace dentro il buio che ci assale, come ci ricordano stelle e lucine… ci sfugge.
Che il Natale consegni la speranza di frutti insperati, che vincono gli aghi pungenti dell’abete e anche nostri grazie alla bellezza, alla generosità, alla condivisione, come ci ricorda l’albero addobbato… non ci viene in mente.
Che il Natale sia anche solo il compleanno dell’amico Gesù, che ogni tanto andiamo a trovare, che chiamiamo nel bisogno, che ci circonda di segni della sua presenza e di aiuti, che poi però si prende tutte le colpe e le nostre arrabbiature quando qualcosa va male… non ce ne ricordiamo mai. Che il Natale sia identificato con il panettone invece è ovvio.
È il Natale che fa il panettone o è il panettone che fa il Natale? Mi sono chiesto se a Dio non convenga farsi panettone invece che nascere a Betlemme con tutta la fatica del non trovare posto, del gelo, del su e giù di angeli e pastori. Come panettone sarebbe cercato, apprezzato, condiviso.
In questo Avvento ho pensato di farci guidare dal panettone per imparare a vivere un Natale gustoso, per noi e per Dio. Voglio partire allora dagli ingredienti per fare la pasta dorata: farina, zucchero, sale, tuorli d’uovo, burro, acqua. Possono essere elementi simbolici che ci riguardano. La farina.
Ci ricorda la semplicità della quotidianità, macinata e raffinata dalla fatica e dalla pazienza. Lo zucchero. È il dolce di quanto viviamo e riceviamo. Un pizzico di sale. C’è sempre qualche aspetto aspro, ma chiede attenzione perché se non controllato rovina tutto. I tuorli d’uovo.
Va rotto il guscio, ma anche separato il bianco. È l’ interiorità, l’arrivare al nucleo, con scelte valoriali. Il burro. È la densità di quanto facciamo e elaboriamo nel lavoro, nella dedizione familiare, negli impegni sociali. Più ce n’è, più tutto diventa buono. L’acqua.
È lo stile delle nostre relazioni, infatti è l’elemento che unisce gli altri, amalgamandoli, evitando i grumi. Se è importante scegliere la qualità di ogni ingrediente, ancor più è necessario farli stare insieme. Il primo insegnamento del panettone, per vivere il Natale, è allora quello di pensare alla ricetta della nostra vita.
Gli ingredienti ci consegnano la dimensione della coscienza. Chiediamoci: so scegliere il meglio? so verificare gli elementi? so dosarli? so capire cosa mi manca e cosa devo scartare? Forse non ci troveremo mai a cucinare un panettone, ma il panettone può preparare noi a impastarci per Natale.