Lodò l’amministratore disonesto per la sua scaltrezza. Una vita macchiata diventa modello, si legge nel Vangelo di domenica scorsa. Come è possibile? Dio non ci vuole perfetti, ma completi. E la completezza racchiude in sé anche il fallimento, l’errore, lo sbaglio, il limite, la colpa, la fragilità, la mancanza. Spesso è solo questione di imparare a perdere.
Quando non puoi più modificare le cose, puoi cambiare tu. Se ci guardiamo bene, l’amministratore non ruba, non imbroglia le carte per arricchire se stesso, ma il suo fallimento, i suoi sbagli, i suoi errori sono il punto di partenza per comprendere le mancanze, i debiti, le difficoltà degli altri e trasformarle in opportunità di rinascita per entrambi. Dio nota questo, Dio loda questo.
Kahlil Gibran racconta. Un foglio bianco come la neve disse: “Sono stato creato puro e voglio rimanere così per sempre. Preferirei essere bruciato e finire in cenere che essere sporcato da ciò che è impuro”. Una boccetta di inchiostro sentì ciò che il foglio diceva, rise nel suo cuore scuro e non osò mai avvicinarsi a lui. Lo sentirono anche le matite colorate e anch’esse non gli si accostarono mai. Il foglio bianco rimase puro per sempre. Puro ma vuoto.
L’amministratore ci assomiglia tanto, ad essere sinceri, perché nella vita di chiunque i conti non tornano. Marie Curie, prima donna a ricevere il Premio Nobel, che ha speso tutta la vita a risolvere problemi, insegna: “Nella vita non c’è nulla da temere, c’è solo da capire”. Quante volte invece ci troviamo a dire “non ce la faccio!”. Le reazioni in noi sono le medesime dell’amministratore: zappare è il timore che sia inutile qualsiasi sforzo, mendicare è la paura di essere isolarsi logorati dalla vergogna. Il Signore è preoccupato che le pagine della nostra vita siano vuote. Preferisce storie pieni di errori, ma vere. Si sentono mari di discorsi promettenti, oceani di parole belle, ma, alla fine, determinanti sono sempre le pozzanghere di fatti, anche se magari sembrano nulla, senza poesia.
Tutti sono filosofi, politologi, virologi, economisti, giudici: non si trova più un ignorante per chiacchierare condividendo. “Chi è fedele in cose da poco, è fedele nel tanto”, annota Gesù. Ho ritrovato questa strana attenzione evangelica in una maestra che per correggere i compiti degli alunni aveva deciso di segnare gli errori non con la penna rossa, ma con un delicato pastello verde chiaro. Per lei una riga rossa era urlo, sentenza, dito puntato, ferita. Mettere una linea verde, invece, era inserire sotto l’errore un sostegno che trovava nella delicatezza la sua forza ponendosi come terreno fertile su cui lavorare con pazienza per coltivare, far fiorire, portare a maturazione, gustare i frutti.
Dovremmo credere di più nella forza ribaltante della tenerezza. Guardiamo alla nostra vita con le sue sbavature. Non è vuota. Non è perfetta, ma è completa. Non è da temere, è da capire. La scaltrezza di Dio apre gli occhi ad essere figli della luce cominciando a sorridere agli errori che lui sottolinea sulle pagine della nostra vita con una delicata linea verde.