Gesù Cristo, non è la risposta ma la domanda
La nostra vita è piena di interrogativi. A molti sappiamo dare risposta, anche se poi non è detto che abbiamo il coraggio di sostituire i fatti alle parole. Ci sono delle domande, invece, che restano brucianti e inquietanti: sono quei sentieri interrotti che chiedono il salto della fiducia nelle persone (chi te lo fa fare?), della speranza nella realtà, della fede in Dio.
Per molti la domanda fondamentale è: Dio chi sei? Dio dove sei?
È normale chiederselo di fronte alle continue notizie terribili di stragi della natura, che non dipendono da nessuna cattiva volontà. Gli dico: Dove è finito tutto il tuo amore, se tanti innocenti piangono e non sanno nemmeno contro chi imprecare? Mi chiedo come esiste Dio nella realtà che mi circonda e con la sua crisi economica, sociale, politica che crea confusioni mi fa rimbalzare timori e preoccupazioni sul futuro della nostra storia. Peggio se penso alla violenza che schiaccia innocenti, dal terrorismo, ai cristiani perseguitati, ai gesti di violenza familiare che crescono sulle nostre strade. Non mi serve costatare la presenza o l’assenza di qualcuno se questo se ne sta lontano, impassibile, a guardare le cose fuori dalla mischia dei conflitti. Quindi discutere e arrabbiarsi con Dio è già un gesto di fede. Cristo è la domanda “Dio chi è?”. Nel momento stesso in cui mi pongo questa domanda mi rendo conto che io non mi basto.
E in Cristo la domanda “Dio, chi sei?” diventa “e io chi sono?”
Sta qui la tentazione originaria dell’uomo, quella raccontata con geniale fantasia nella favola di Adamo: l’uomo che crede di bastare a se stesso perde il paradiso, perde la serenità: inquina il rapporto con Dio (scelgo la mia opinione al posto di cercare la verità – la tentazione originaria), si inquina il rapporto di coppia (il rinfaccio con Eva) e con i figli (Caino uccide Abele per invidia), si inquina il rapporto con una natura che viene sfruttata fino al collasso (il diluvio) e si inquina la società (se ciascuno dice la sua senza ascoltarsi e senza dialogo è Babele). Se credo di bastare a me stesso mi disumanizzo. Tutto diventa concorrente geloso della mio voglia di vivere, anche Dio. Così per stare mediocremente comodi senza farci domande abbiamo ridotto la fede alla morale: si può fare o non si può fare.
Se Dio esiste mi ricorda che io sono solo un uomo (cfr. ama Dio), ma non sono un uomo solo (cfr. ama il prossimo).
“Non è più tempo di distinguere tra atei e credenti, ma tra chi cerca e chi non si pone domande” (Card. Martini). C’è un nuovo tipo di ateo che è il cristiano presuntuoso, che non si fa domande e lascia scivolare tutto senza un perché. La fede in Cristo invece chiede un oltre, mette in questione: non basta chiedersi: Dio chi sei? La domanda del senso della vita (la fede), quella a cui è appesa la speranza e che segue la grammatica dell’amore è un passo oltre: Dio, chi sei tu per me? E io, chi sono per te? Quando una persona ti piace e ti interessa chiedi “chi sei?” e cerchi di conoscerla. Quando la conoscenza diventa legame, quando il piacersi diventa rapporto allora la domanda scende dentro e diventa: tu chi sei per me? e io chi sono per te? Questo vale anche con Dio. È il bellissimo mistero che celebreremo in questi giorni e che abbiamo disinnescato con la solita superstizione riducendolo alla Candelora e alla benedizione della gola di San Biagio, mentre è la festa di Cristo domanda dell’uomo: la presentazione di Gesù al tempio.
Il Vangelo di Luca
Quando furono compiuti i giorni della purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (40 giorni dopo la nascita) Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Ora nel tempio c’era un vecchio di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele. Lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Luca, 2).
Chi sei?
Maria e Giuseppe vanno al tempio per abitudine sociale o regola religiosa (come noi). Dio si rivela come domanda attraverso Simeone: “ma cosa vuole questo? cosa dice?”. I genitori di Gesù “si stupivano”, cioè si facevano domande. Gesù è indicato “segno di contraddizione”, letteralmente “punto di domanda”, ciò che mette in discussione il solito e fa andare oltre. In questo è luce. Una luce però debole e fragile: è un bambino di 40 giorni (25 dicembre – 2 febbraio) e quindi non sa parlare, non ha nulla da dire. Non può dare risposte, può solo far nascere domande. Una luce così piccola e fragile va protetta, custodita, alimentata, come un bambino. Per questo neppure Dio basta a se stesso, non può farcela da solo e quindi la luce ha bisogno di una candela che si consuma per mantenerla, come Maria con Gesù, per questo viene chiamata la Madonna Candelora: colei che porta la luce. Ma la domanda “chi sei?” ti entra dentro, ti mette in questione: puoi cadere o risorgere (letteralmente “rialzarti” che non è non-cadere, ma è cogliere una nuova grazia e possibilità proprio perché qualcuno ti fa rialzare: da solo non ce la fai). Questo però chiede dei tagli sul vivo: “anche a te una spada trafiggerà l’anima”, cioè quella domanda ti arriva nel punto più profondo della tua vita.
Dio, chi sei per me?
Ecco perché la domanda “Dio, chi sei per me?” ha bisogno dell’eco “io chi sono per te?”. Così la sapienza antica usa la festa di San Biagio ricordando il miracolo della liberazione di una lisca che aveva soffocato un bambino. Si benedice la gola con le candele: oggetto che non si usa mai in altre occasioni per benedire. Il senso vero non è il mal di gola o ciò che entra in gola, ma ciò che ne esce. Non è chiedere qualcosa in meno (faringiti o laringiti), ma è assumere la responsabilità di qualcosa in più: se Cristo è la luce, io devo cominciare a dire parole di luce; se Cristo è la domanda di senso dalla mia bocca (gola) devono uscire parole di pace, di amore, di speranza, di bene, di premura, di misericordia, di richiesta di perdono e di aiuto. Mi lascio accendere da Maria e dalla comunità (le candele che toccano), mi libero dal soffocare del pensare solo a me stesso e divento risposta di bene, perché ho incontrato la domanda essenziale della vita. Io devo essere candela per portare questa luce e accendere la speranza di altri che rischiano di soffocare. Dice un proverbio ebraico: “in ogni cosa c’è una crepa, ma è da lì che entra la luce”. Cristo è la domanda, è la crepa dentro alla nostra durezza, dentro al guscio dei nostri pregiudizi, ma è da lì che entra la luce.