Il commento al Vangelo di domenica 1 ottobre di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse: «Infatti, verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni Battista venne a voi sulla via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Il commento a Vangelo
Un maestro mostrò agli alunni un foglio con un bollo al centro. “Che cosa vedete?” chiese. “Un punto nero!” risposero tutti. “Che tristezza! – replicò – Nessuno è stato capace di cogliere la realtà del foglio e il valore del grande spazio bianco!”. E ciao! Soliti ragionamenti pretosi che pure vanno di moda laicamente sui social, etichettati come “coaching”. Quindi… ciaone! Chi ce lo fa fare di obbedire al Signore per andare a lavorare con fatica nella vigna dell’etica per ottenerne alla fine quattro grappoli striminziti di valori!? Non ne ho voglia! Poi però ci andò. E Gesù lo loda. Ma ciao! Quante volte capita così anche a noi! La realtà si distingue – come nel Vangelo di oggi – tra benpensanti bravi a parole nell’additare il punto nero ma che poi restano bloccati nell’immobilismo bigotto delle gabbie dei pregiudizi e della autogiustificazione e dall’altra parte persone che sbagliano e sanno di sbagliare per egoismo (pubblicani) o perché ci si svende (prostitute/i) “poi però” si rendono conto e “credono” che il loro negativo e i lati oscuri possono avere intorno un po’ di più, uno spazio dove correggere errori e tornare a riscrivere storie. Quanto è facile fermarsi all’apparenza! Ma è impantanante.
Un esempio strano
Provo con un esempio un po’ strano. Pensiamo al “ciao”. Ne diciamo migliaia. Tanti sono buttati lì. Alcuni sono intensi. Tutti sono diversi. Ogni “ciao” anche il più ironico o critico – come nelle sfumature di significato che ho usato sopra – ha intorno una dimensione di senso che non viene mai colta. L’origine della parola “ciao” è nel veneziano “s’ciao”, cioè “schiavo”. Con questa parola un servitore rispondeva ad una chiamata nel senso di “servo vostro, a disposizione”. Accompagnava per tradizione la parola con dei gesti: – l’inchino del capo che indica docile predisposizione, – il porgere una mano, toccando prima cuore e testa, così da mostrare un’apertura di tutte le proprie qualità, – il piede che accenna ad un passo che esprime il desiderio di camminare insieme in un percorso condiviso, – infine una mano dietro alla schiena perché ognuno deve prendersi cura anche di se stesso per migliorarsi. Carlo Goldoni inserì questa parola e questa gestualità come saluto degli attori al termine di un’opera teatrale, perché era convinto che la cultura fosse un servizio prezioso. E così è diventato un convenevole comune come saluto. Ogni nostro incontro, ogni chiamata, sembra un puntino in realtà è uno spazio libero, una pagina bianca pronta a scrivere storie di dedizione e condivisione. Ogni “ciao” forse da oggi può essere per ognuno un po’ di più. Un barista sentendosi chiedere da tutti “mi dà un po’ di…” ha messo alle spalle del bancone una lavagna con scritto: “un po’ di calma, un po’ di silenzio, un po’ di dubbi, un po’ di debolezza, un po’ di curiosità, un po’ di domande, un po’ di ambiguità, un po’ di pensiero, un po’ di cura, un po’ di solitudine, un po’ di spavento, un po’ di forse, un po’ di chissà, un po’ di attenzione, un po’ di aiuto, un po’ di perplessità, un po’ di dolce, un po’ di amaro. Ciao”. Non ne ho voglia! Ci viene da dire. Ma poi, determinante è cosa si fa, scegliendo il punto nero o il foglio bianco. Ciao!