Il commento al Vangelo di domenica 18 agosto di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Il commento
“Ho dei gusti semplicissimi e non ho chissà quali pretese: mi accontento del meglio”, diceva Oscar Wilde. Per la terza domenica il Vangelo ci riporta al tema del pane. Il pane della vita, il pane vivo, il pane della condivisione, il pane buono, il pane che soddisfa… sono immagini di Dio che diventano specchio per vedere se stessi e chi ci è vicino. Significativo che chi condivide con noi la quotidianità sia detto“compagno”, da “cum panis”, colui che mangia lo stesso pane. Così lo stare bene insieme è il “convivio”, la convivialità che ha la sua radice e il suo senso nel verbo convivere. A tavola non si condivide soltanto il cibo, ma sguardi, parole, sorrisi, silenzi. Il senso della vita condisce ciò che si mangia, per questo non tutti i pasti sono uguali: sono festivi o feriali, banchetti o pit-stop, elaborati o semplici, romantici o noiosi. Ci sono momenti in cui per quello che ti succede nel cuore o nella testa o per quello che devi fare ti scappa la fame o altri in cui ti affoghi per colmare vuoti che hai dentro. Divoriamo incontri, ci nutriamo di relazioni, mordiamo storie, mandiamo giù bocconi amari, lecchiamo esperienze dolci. Il Vangelo ci spinge a centellinare la nostra interiorità per ritrovare il gusto di tanti bocconi di vita che deglutiamo senza darci mai il tempo di assaporare.
Lo zainetto
Un ragazzino voleva conoscere quel Dio di cui sentiva parlare.Un giorno mise nello zainetto dei biscotti e un succo di frutta e cominciò a girovagare per scoprire dove abitava Dio. Si fermò stanco sulla panchina di un parco per fare merenda. Seduta c’era una donna anziana sola. Le offrì uno dei dolci. Lo accettò e sorrise al ragazzo. Quel sorriso era così luminoso che gliene offrì un altro e poi si fermò a farle compagnia. Quando alla sera arrivò a casa, la madre fu sorpresa: “Cosa hai fatto per essere così felice?”. Il ragazzino rispose: “Oggi ho fatto merenda con Dio!L’ho riconosciuto dal sorriso più bello che abbia mai visto!”. Anche la vecchietta arrivò a casa raggiante e al figlio perplesso nel vederla così commentò: “Oggi ho fatto merenda con Dio! E sai? È molto più giovane di quel che pensavo!”. Tutti abbiamo lo stesso bisogno di pane vivo, di bocconi vivi. Ci ingozziamo a volte di surrogati che paghiamo cari o di rimasugli stantii o ammuffiti per colmare la nostra fame di affetto, senso, speranza, stima, forza, serenità, pace. Chi ama davvero non ha la pretesa di saziare la fame, ma ha la potenza di essere un biscotto di Dio: non riempie la pancia ma accarezza il cuore. Mangiare il pane vivo dell’eucaristia, il corpo di Cristo, dà vita, dà gusto al quotidiano, dà vitalità ai rapporti, dà il coraggio di scelte vitali nello scegliere di essere non solo “buoni come il pane” ma biscotti di Dio. Piccoli gesti possono essere segno della presenza di Dio, nella logica del Vangelo che insegna gusti semplicissimi e non ha chissà quali pretese: si accontenta del meglio.