Il commento al Vangelo di oggi, domenica, 11 giugno, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Il commento al Vangelo
In un viaggio avevo accanto un uomo di origine araba. Vedendo che ero un prete mi ha chiesto se potessi aiutarlo a capire alcuni atteggiamenti dei cristiani, raccontandosi così: “Mi sono trasferito per lavoro in un paese della periferia. Ho iscritto la mia bambina all’asilo per integrarla. Ho specificato che siamo di fede islamica e quindi chiedevo una attenzione particolare per il cibo a mensa. Dopo qualche giorno, la maestra mi ha fatto notare che come segno di rispetto verso mia figlia era stato tolto il crocifisso dall’aula. Sono tornato a casa e ho pensato molto a questo gesto. Ho deciso allora di togliere la mia bimba da quell’asilo. La direttrice è rimasta basita quando le ho spiegato il perché: se tu non rispetti il tuo Dio, come puoi rispettare mia figlia? se subito cambi idea sul tuo Dio, come posso fidarmi di te?”. Noi non ci facciamo problemi a mettere Dio in un cassetto poi però con altrettanta facilità lo accusiamo di essere lontano, quando in realtà siamo noi a staccarlo e a staccarci. Noi ci dimentichiamo di lui, ma la traccia della sua presenza resta comunque in noi, come il segno del crocifisso tolto, che può prendere la forma di dubbio, nostalgia o anche rabbia.
Dio ha rispetto di noi
Dio ha rispetto di noi: sta in attesa, in silenzio. Dio rispetta il nostro fare a meno di lui e il nostro ignorarlo. Dio rispetta le nostre fatiche e i nostri dubbi a credere in lui. Rendersi conto di questo lascia pieni di stupore, senza parole, tanto da mettere la mano alla bocca, “ad os”, direbbero gli antichi greci, da cui “adorazione”. Dio ha rispetto, però, non solo delle mancanze e del mancare ma anche delle nostre qualità, potenzialità, specificità. Adorare Dio non è biascicare formule magiche per convincerlo a compiere qualche miracolo o esaudire bisogni e desideri. Pregare non cambia Dio, non cambia la realtà, cambia me: non cambia le cose rispetto a me, ma me rispetto alle cose. Riconoscere il grande rispetto che Dio ha per me fa capire che la preghiera è esaudita non se ottengo ciò che voglio ma se prendo coscienza della realtà e cresco in autostima. Quando gli chiedo aiuto per una persona o per una situazione Dio fa comunione con me, agisce su me e con me, mi illumina, mi mette in questione e in gioco. Mi dice: cosa possiamo fare? tu come agisci? e chi puoi coinvolgere per trovare soluzioni? Non fa lui al mio posto, ma mi fa trovare l’energia sufficiente e intuire strade alternative alla mia visione ristretta e ottusa spesso offuscata da paura, ansia, lacrime, pessimismo.
La preghiera rende più forti
La preghiera non rende la vita facile, ma rende me più forte. Chi sa stare in ginocchio alla presenza di Dio, poi riesce a stare in piedi in qualsiasi situazione traballante. Chi ha il coraggio di fermarsi ogni giorno per rannicchiarsi nella sua interiorità fino a stupirsi tappandosi la bocca (ad-os) poi riesce a stare in equilibrio perché fissare Dio davanti a sé relativizza il potere tirannico di ogni negatività o oscurità. Il mio saggio vecchio parroco mi ripeteva spesso: “Non dire a Dio quanto sono grandi i tuoi problemi, lo sa già, ma dì ai tuoi problemi quanto è grande Dio. Cambia tutto. A volte il Signore fa venire le burrasche nella vita perché lui sa bene che i guai non sanno nuotare, ma tu sì: loro affogano, ma tu, con le tue braccia, ne esci cambiato”. Vedere Dio così stupisce talmente tanto da restare senza parole e con la mano alla bocca, “ad-os”, appunto in adorazione.