Il commento al Vangelo di Don Giulio Della Vite. Domenica 19 febbraio.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Il commento al Vangelo
“Se potessimo leggere la storia segreta dei nostri nemici troveremmo nella vita di ciascuno di loro abbastanza dolore da disarmare tutta la nostra ostilità” (Henry W. Longfellow). Gesù non dice “non avere nemici!”, ma “prega sulla realtà!”. Non dice “non devi dare sberle” ma parte dal presupposto che le prendi: c’è sempre qualcuno che ti colpisce e ti fa male. Perciò provoca una reazione che evangelizzi una svolta. Se si attua la logica di “occhio per occhio” non si ottiene nulla e chi ci guadagna sono solo gli oculisti. Al tempo di Gesù, però, era considerato un traguardo sociale: la proporzionalità della pena limitava gli eccessi di violenza nel vendicarsi (tu mi rubi un cammello e io uccido te). Il criterio “occhio per occhio” sanciva che si può infliggere solo una pena equilibrata all’ingiustizia subita. Non di più. Sembra ovvio da 2.000 anni. Eppure non è così scontato oggi. Quante volte a un torto reagisco in modo smisurato per urla, esagerato per ripicca, eccessivo nel ferire?
Rispondere al male con il male
Il prurito inevitabile di rispondere al male con il male, causa una spirale da cui non si esce più. “Dente per dente” alla fine rende sia uno che l’altro per-dente. Gesù ci spinge ad un livello ulteriore: dalla parità giustizialista a una scelta che spiazza il nemico. Per porgere l’altra guancia, però, serve una cosa essenziale che non è così facile da rintracciare: la faccia. Per porgere la guancia bisogna non avere la faccia mascherata. Oggi è Carnevale. L’allegria dei bambini truccati per un giorno stride con la tristezza degli adulti che sono così tutto l’anno per mancanza di personalità, di autostima, di valori e principi. Per porgere la guancia bisogna poi avere una sola faccia e non tante da cambiare secondo l’occasione e la compagnia. È una fortuna al mattino avere una sola faccia da lavare! Per porgere la guancia bisogna infine metterci la faccia. Se non ci mettiamo in questione, ci troveremo accartocciati, accecati e sdentati, impegnati solo a schivare batoste, quelle che ribaltano le tante favole che ci facciamo. Se si capovolge una favola la fine diventa “c’era una volta”, in un rassegnato “e vissero infelici e scontenti” (* sarà il tema della Quaresima da settimana prossima).
L’altra guancia
“L’altra guancia”, quindi, è quella della propria anima. Abbiamo bisogno di riscoprire i lineamenti del ritratto della nostra interiorità cioè il volto della nostra coscienza. Impareremo prima a misurare in modo diverso le batoste, poi a cercare di comprendere le motivazioni degli avversari e infine ad amare i nemici più difficili: quelli dentro di noi. Impareremo a strizzare l’occhiolino al posto di cavarlo, a far vedere i denti in un sorriso invece che mostrare i canini, porgendo la guancia della coerenza ai colpi della ipocrisia, porgendo la guancia della tenerezza per dare scacco all’ira, porgendo la guancia della cortesia alle sberle della cafoneria, porgendo la guancia della qualità agli attacchi della mediocrità, porgendo la guancia della onestà ai pugni del pettegolezzo, porgendo la guancia della premura ai ceffoni delle pretese, ma soprattutto e innanzitutto porgendo la guancia a noi stessi.