Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Il commento al Vangelo
“L’abitudine è la più infame delle malattie, perché fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portare le catene, a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto. L’abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente e cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo di averla addosso ogni gesto si è ormai inquinato”. Sono parole di Oriana Fallaci nel libro “Un uomo”. L’abitudine, demone della mediocre rassegnazione al ribasso, ha una forza tentatrice terribile perché deforma le percezioni. Pietro ne è vittima: si è abituato anche a Gesù e il Signore lo definisce “satana” che letteralmente significa “colui che vede le cose all’opposto”, perciò diventa “scandalo” cioè inciampo, trappola. Ha bisogno di fare un passo indietro (vade retro! va’ dietro!) per uscire da queste sabbie mobili. È il “rinnegare/ribaltare se stessi”. Ma quanto è difficile! È più comodo fare come gli Scintoisti in Giappone. Nei loro templi si vedono tantissimi alberi fioriti di carta. Viene dato un foglietto colorato con un messaggio sapienziale; se non soddisfa, lo attaccano a un ramo e ne prendono un altro, finché ce n’è uno che piace. Prendo solo quello che mi va.
Gli ebrei al Muro del Pianto
Altra possibilità è fare come gli Ebrei al muro del pianto. Non si aspettano risposte, ma fino alla venuta del Messia si resta piegati sul passato, lamentandosi con triste nostalgia. Molto comune è fare come gli apostoli: diventare gommosi, farsi rimbalzare addosso i problemi invece che porsi domande, far finta di niente e cercare qualche tiepida scappatoia. L’alternativa che prospetta Gesù, il perdere la vita per trovarla, è invece avere il coraggio di perdere l’equilibrio. Si può perdere l’equilibrio solo per evitare di cadere, oppure per far nascere un passo, ma anche per tuffarsi o volare. Ogni nuovo inizio comporta perdere l’equilibrio per un attimo. Così, incontri e fatti sono decisivi se destabilizzano il tuo asse. L’abitudine invece fa girare vorticosamente come una trottola. Si è attivissimi, si guadagna il mondo, ma si spreca la vita: infatti i colori si mischiano e i disegni si deformano. Se sei depresso ti stai avviluppando girando nel passato, se sei ansioso è perché stai annaspando girando nel futuro, se sei acido ti stai ingarbugliando girando a vuoto nel presente. Se rallenti e perdi l’equilibrio dell’abitudine, sei instabile, ma ti puoi accorgere che era da tanto che non coglievi più i particolari stupendi con cui la trottola (che sei tu!) è fatta, dipinta con qualità da mani premurose che la rendono unica. Se rallenti e perdi l’equilibrio dell’abitudine, sei confuso, ma ti puoi accorgere che quel muro grigio che ti imprigiona, generando rabbia e soffocamento mentre giri convulsamente, è in realtà solo un effetto ottico oltre il quale c’è qualcuno che è lì per te, pronto a prenderti perché tu non ti faccia male. Per Gesù questa è la scommessa della croce: l’anti-abitudine, infatti “il Signore renderà a ciascuno secondo le sue azioni”. Perdere l’equilibrio fa ritrovare se stessi, la vita, gli altri, Dio, e allora poi ricominciare a trottolare è diverso, è utile, è bello! E così nascono le “buone” abitudini, buone pratiche, best-practices.