Il commento al Vangelo di oggi 5 gennaio 2025 di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Il commento
Per galateo quando si va da qualcuno si porta qualcosa. Siamo venuti da Gesù, ma cosa gli abbiamo portato? I Magi sono in cammino con il loro famosi doni preziosi. Prima di loro sono arrivati i pastori con semplici omaggi. E noi? Tra l’altro, il Natale è il compleanno di Gesù e noi abbiamo fatto i regali a tutti tranne che a lui. “Venne tra la sua gente e i suoi non l’hanno accolto”, ancora. Eppure lui ha “un presente” per ciascuno di noi: una chiave. Interessante che “presente” significhi insieme dono e oggi. È la chiave che apre la porta santa della realtà per entrarci e abitarla con la logica del Giubileo che è lo stile del Vangelo. Nell’Apocalisse Dio spiega: “io faccio nuove tutte le cose”. Attenzione! Non dice: “io faccio cose nuove”. Questo lo fanno in tanti e in modo straordinario e geniale.
Questo lo promettono in troppi all’inizio del nuovo anno. Dio “fa nuove le cose di sempre”, mette una linfa nuova in tutte le solite cose e quindi le fa vivere in modo rinnovato. È l’indulgenza: Dio non modifica la realtà, ma cambia noi. Dio non sistema le cose, ci entra dentro (“venne ad abitare”). Quando è nato a Betlemme, Gesù non ha sistemato la stalla: la paglia è rimasta paglia ruvida, il freddo è rimasto freddo, la puzza è rimasta puzza. L’ha abitata e l’ha riempita di senso. Stiamo vivendo le stesse condizioni di Betlemme: il “non c’era posto” oggi è “globalizzazione dell’indifferenza”, il freddo e il gelo sono “analfabetismo emotivo”, il buio della grotta è “disorientamento valoriale”, la miseria ruvida della paglia è “saturazione anestetizzante”, la rabbia di Erode sono gli “haters/odiatori” nella reggia social.
“La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. Il Vangelo insegna a sperare non che la luce possa vincere, ma a sperare perché la luce ha vinto. Certo, non è facile. Cosa fare? Credo si possa cominciare con l’offrire un caffè. In una tazzina spesso c’è molto di più del caffè. Il caffè può rappresentare un’occasione di amore concreto che si fa accoglienza e condivisione: “vuoi un caffè?”, che si fa comprensione: “ne parliamo davanti a un caffè?”, che si fa futuro: “beviamo un caffè e partiamo?”, che si fa perdono: “ti va un caffè?”. Penso poi alla tradizione napoletana del “caffè sospeso”. Ogni tanto c’è chi va al bar, prende un caffè e ne paga due, uno resta “sospeso” per chissà chi. È offrire un caffè al resto del mondo per condividere gioie e fatiche.
Qualcun altro sottovoce ma con dignità entra e chiede “un caffè sospeso” e ne riceve insieme anche un sorriso. Forse avrebbe bisogno di ben altro, ma quel caffè e quel sorriso danno forza per andare avanti. Questa è la logica dentro quel “il Verbo si è fatto carne”. A volte credo si faccia pure caffè, comunque si fa vita in noi. La chiave che lui ci consegna come presente (*dono e oggi) apre la porta del nostro cuore per cambiare l’aria pesante; per spazzare via detriti inquinanti; per far entrare domande; per uscire incontro a un bisogno; per accogliere relazioni; per ricevere pacchi di bello, di buono e di vero; per aspettare lontananze, aiutare fatiche, abbracciare desideri. Come a Betlemme, la vita a volte puzza: sta a noi profumarla.