Don Giulio Dellavite ci conduce nella catechesi. Quest’ultimai, cioè l’insegnamento a voce dei principi della religione cristiana, non è sapere qualcosa in più, ma conoscere meglio Qualcuno. Oggi ci occupiamo dell’ “uomo”.
Dal Salmo 8
Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare. Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.
Per riflettere
Papa Benedetto XVI ha affermato: “Non vi è opposizione fra la comprensione di fede della creazione e la prova delle scienze empiriche. Sono sempre più convinto che la verità scientifica, che è di per sé una partecipazione alla verità divina, possa aiutare la filosofia e la teologia a comprendere sempre più pienamente la persona umana e la rivelazione di Dio sull’uomo”.
L’uomo
Il Concilio Vaticano II, dice nella “Gaudium et Spes” (4): “L’umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti, che provocati dall’intelligenza e dall’attività creative dell’uomo, si ripercuotono sui suoi giudizi e desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e agire sia nei confronti delle cose che degli uomini. Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale che ha i suoi riflessi anche nella vita religiosa. E come accade in ogni crisi di coscienza, questa trasformazione reca con sé non lievi difficoltà. Così mentre l’uomo tanto largamente estende la sua potenza, non sempre riesce però a porla a suo servizio. Si sforza di penetrare nel più intimo del suo animo, ma spesso appare più incerto di se stesso. Scopre, man mano più chiaramente le leggi della vita, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi. Aumenta lo scambio delle idee, ma le stesse parole con cui si esprimono i più importanti concetti, assumono nelle differenti ideologie significati assai diversi. Si vuol costruire un ordine, senza che cammini, di pari passo, il progresso spirituale. Immersi in così contrastanti condizioni, moltissimi non sono più in grado di identificare i valori e di armonizzarli per questo sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e l’angoscia, mentre si interrogano sull’attuale andamento del mondo che sfida l’uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta”.
Che cosa è l’uomo?
Proprio per questo il Salmo 8 si pone quella grande domanda: “Che cosa è l’uomo?”.
Nel luglio del 1969 Paolo VI affidava agli astronauti americani N. Armstrong e E. Aldrin il testo di questo salmo perché fosse da loro lasciato sulla luna. Questa lode dell’uomo, però, se letta nello spirito orgoglioso della tecnica del nostro tempo, può diventare rischiosa anche perché l’uomo troppo spesso si rivela più come un folle tiranno che come un sovrano intelligente e saggio.
Il fondale che il poeta sacro distende è quello affascinante di una notte di stelle. Di fronte agli spazi infiniti affiora spontaneamente l’interrogativo: che cos’è l’uomo nell’immensità del cosmo? La risposta immediata parla di nullità, di sproporzione, non solo nei confronti delle costellazioni, ma ancor più se l’uomo è confrontato col Creatore. Il cielo, infatti, pur così grandioso, è “l’opera delle dita divine” e luna e stelle sono “fissate”, attaccate, dalla fantasia di un Dio che non è solo architetto ma è anche artista, perché non fa solo le cose bene ma anche belle. Vide che era cosa buona. “Opera delle tue dita” invece del solito “opera delle tue mani” perché vuole accentuare la leggerezza con cui le dita di una ricamatrice corrono sulla trama del pizzo, o con la stessa delicatezza di un cesellatore.
La prima reazione dell’uomo di fronte all’universo e al Creatore è di sgomento: come può Dio “ricordarsi” e prendersi “cura” di questa creatura così fragile e microscopica?
La grande sorpresa
La grande sorpresa: all’uomo, creatura debole, è donata una dignità altissima che lo rende “di poco inferiore agli angeli” o, come meglio si potrebbe tradurre dall’ebraico, di poco inferiore a Dio stesso. Siamo soci di Dio nella creazione: non siamo solo inseriti, ma ne siamo responsabili direttamente.
Il dominio dell’uomo sul creato non conosce confini: “tutto” è posto nelle sue mani, il bene e il male, il fiorire e il distruggersi. Perciò, alle mani fragili e spesso egoistiche dell’uomo è affidata l’intera gamma delle creature. Il salmo diventa, allora, un appello indirizzato a tutti gli uomini perché sappiano attuare col loro lavoro, con la scienza e la tecnica un’armonia ecologica e sociale con “sorella terra” e con la vita che su di essa fiorisce. Papa Francesco parla di “ecologia umana”.
Significativo quanto fa osservare acutamente Mark Twain: “L’uomo all’interno della natura è l’unico animale che può diventare rosso… ma dovrebbe farlo più spesso!”. La possibilità di “divetare rosso”, il dono cioè di una coscienza, di una interiorità, di un’anima è il grande dono della libertà con cui Dio per amore plasma l’uomo.
Ma quando un uomo è grande? Quando capisce le cose di Dio? Quando è dotto? Quando è fatto scaltro dalle vicende della vita? No: “con la bocca dei bimbi e del lattanti affermi la tua potenza”. Ricordiamo quanto ha detto Gesù: “chiunque diventerà piccolo come questi bambini sarà il più grande nel regno dei cieli”. San Paolo rimarca: “Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi”.
L’uomo si fa bambino
Quindi l’uomo grande è colui che si fa bambino, che offre cioè la stessa semplicità di approccio alla vita, la stessa apertura curiosa e desiderosa del vero, che ha gli stessi occhi spalancati, che non giudica nessuno, che ha la sua consistenza dell’abbraccio amoroso di sua madre perché in quell’amore capisce chi è e che cosa è il mondo e capisce che tutto è buono. Tale uomo, “adulto” perché amato, è così abilitato a riconoscere chi sono i suoi avversari (il male del mondo) “per ridurre al silenzio nemici e ribelli”.
“Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani”: questo potere oggi significa capacità di sfruttare l’energia nel bene (ad es. centrali nucleari) o nel male (bombe atomiche), o nella capacità di modificare il codice genetico degli esseri viventi. Sentendosi con questo potere addosso l’uomo tende a degradare cedendo alla tentazione illuministica dell’io sono la misura di tutte le cose. La libertà (questo potere sulle cose) può essere indirizzata verso il bene o verso il male: questa è la lotta dell’uomo moderno.
Come un bambino, affascinato dal rapporto con sua madre, vivendo il suo amore in ogni cosa che fa, accorgendosi che tutto gli viene dato gratis, può solo ringraziarla di averlo generato ed esprimergli la sua commossa adorazione: “Signore nostro Dio quanto è grande il tuo nome/amore”.
Le parole di una poetessa francese
Una poetessa francese, Madeleine Delbrel, ha scritto: “Io penso, Signore, che tu ne abbia abbastanza della gente che sempre parla di servirti col piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di raggiungerti con regole sportive, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Se noi fossimo contenti di te, Signore, non potremmo resistere a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo. Lascia che noi inventiamo qualcosa per essere gente allegra che danza la propria vita con te. Per essere un buon danzatore, con te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce. Basta seguire, essere gioioso, essere leggero e soprattutto non essere rigido. E ascoltare il ritmo che l’orchestra scandisce. Non bisogna volere avanzare a tutti i costi, ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco. Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di camminare. Ma non sarebbero che passi da stupidi se la musica non ne facesse un’armonia. Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito e facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica. Facci vivere la nostra vita, non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato, non come una partita dove tutto è difficile, non come un teorema che ci rompa il capo, ma come una festa senza fine, come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia, nella musica che riempie l’universo d’amore. Signore, vieni ad invitarci!”.