In un articolo pubblicato nel tempo del Natale ci si aspetta di leggere qualcosa di gioioso, lumimoso, pieno di attesa e di speranza. Quest’anno, invece, ciò che sta succedendo nel mondo sembra volerci rovinare anche questa Festa. Sarà quindi un Natale, per tanti motivi, in tono minore, non certo per colpa sua, ma per ciò che stiamo combinando tra noi nel mondo.
Saranno gli avvenimenti dell’ultimo anno, sarà qualche preoccupazione che ho in testa, sarà stato quel mezzo etto di formaggio stagionato mangiato a cena… comunque qualche giorno, in una notte di metà avvento, fa mi è successo un fatto strano: un sogno, nuovo e completamente imprevisto (e dopo il quale mi sono svegliato agitato e sudato). In questo clima prenatalizio spesso si vedono spezzoni di film o cronache di oggi che mostrano persone in fila, in attesa di entrare nella grotta di Betlemme dove, da più di due millenni, la gente si reca per trovare Maria, Giuseppe e il Bambino, che in vario modo salutano i visitatori che escono dalla grotta sorridenti, sul loro volto leggi quella speranza che ancora una volta il nostro Dio rinnoverà la promessa di non lasciarci soli, anche in mezzo ai disastri che stiamo facendo verso i nostri simili e verso tutto il creato.
Anche in questo sogno la scena sembrava la stessa, ma con qualcosa che non quadrava: il volto di chi entrava nella grotta era ancora allegro, segno evidente di attesa di qualcosa di grande, di una speranza che riprendeva forza, cosa necessaria, specialmente oggi! Ma all’uscita della grotta i volti erano tristi, in lacrime, delusi o, addirittura, terrorizzati. La grotta era vuota: c’era solo un biglietto che spiegava, in poche parole, che il Bambino quest’anno non sarebbe venuto sulla terra perché ormai riteneva inutile, dopo 2000 anni, rifare qualcosa che non aveva minimamente cambiato il duro cuore dell’uomo. Qualche gesto di bontà che durava pochi giorni, bei discorsi pieni di belle parole e promesse di pace… e poi tutto come, o peggio, di prima.
Mi son svegliato di colpo, con gli occhi sbarrati, il fiatone, sudato, con le mani che non riuscivano nemmeno a tener fermo un bicchiere d’acqua. Provavo un senso di vuoto, il crollo di tutto un mondo atteso… una domanda mi martellava nelle orecchie: «siamo caduti così in basso?». Neppure Dio, dall’alto della croce ci era vicino o, meglio, capivo perfettamente il suo grido: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». Abbandonati da Dio! Il rumore delle chiavi dell’Eden ormai gettate in fondo agli abissi. Se Dio si è stancato di ri-nascere anche quest’anno, non vorrà neppure ri-sorgere nella mattina di Pasqua e la morte avrà infine la sua vittoria.
Per fortuna ogni incubo ingigantisce le cose sognate e le porta all’estremo, ma parte sempre da qualcosa di reale. Dove trovare un po’ di conforto? Dove cercare una nuova speranza? Cosa ci è rimasto della promessa di Abramo?
Mi giro verso il comodino e vedo il piccolo Gesù nel presepe che mi apre ancora le braccia. Questo gesto è più forte di tutte le nostre cattiverie, di tutti i nostri tradimenti; la grotta (come la croce!) non le troveremo mai vuote: sono il memoriale della sua Promessa, della sua Pasqua, segno di un gesto che, compiuto una volta, continuerà a rinnovarsi per sempre. Per fortuna il Natale non dipende dalle nostre, pur tante, cattiverie, ma dall’infinita misericordia del nostro Dio che ha scelto ancora una volta la strada del “venire tra noi” per riportarci a Lui. E questo basta per affrontare ancora nella gioia i giorni di Natale: un Bambino, in una mangiatoia, ancora una volta ha vinto il mondo e la sua luce riesce a portare speranza nel buio dei nostri giorni.