Tra i modelli cristologici più vicini a noi, pur sapendo che si tratta di un elenco incompleto credo meritino un breve cenno almeno i seguenti: Karl Rahner (1904-1984), Hans Urs von Balthasar (1905-1988), Jean Galot (1919-2008), Marcello Bordoni (*1930), Bruno Forte (*1949) e E.P. Sanders (*1937). Li lega, infatti, l’impegno di essersi cimentati a fondare i rispettivi modelli cristologici sulla figura di Gesù di Nazareth in quanto uomo del suo tempo, ricavandone, poi, la conclusione di essere quel Nazareno il Cristo di Dio e, per questo, il centro della storia. Tesi diametralmente opposta a quella dei nostri autori di romanzi.
La cristologia
Al di là di quello che già sappiamo, vorrei ricordare, infatti, che K. Rahner, coerentemente alla svolta antropologica da lui attuata, fissa la propria attenzione sulla croce di Gesù non come «singolare punto culmine di ogni cristologia», ma vista in se stessa come quintessenza dell’amore di Gesù per il Padre suo nel gesto di donazione della morte. Il suo significato salvifico emerge, però, soltanto nella sua connessione con la risurrezione e l’esaltazione di Gesù: è lì che vi è l’accettazione definitiva dell’umanità da parte di Dio[1]. Altrettanto esplicito è il modello cristologico del confratello Gesuita svizzero Hans Urs von Balthasar il quale arriva ad affermare che in quel trentatreenne Gesù di Nazareth vi è la congiunzione di Dio con un uomo in un solo soggetto, in Uno assolutamente irripetibile, «il quale non poté essere altro che la più profonda calata di Dio stesso, la sua discesa, il suo abbassamento, la sua ke/nwsij fino a quell’entrata costrittiva in “un” uomo che, sebbene l’unico, non cessa di essere uomo tra gli uomini»[2]. Sempre tra i Gesuiti, ma questa volta di lingua francese, ritroviamo Jean Galot, il cui modello cristologico risulta incomprensibile se non viene rapportato a quello di altri suoi due confratelli: Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) e Piet Schoonenberg (1911-1999)[3]. Fondandosi sui dati dell’infanzia di Gesù presenti soprattutto nel Vangelo di Luca, Galot è sicuro che l’essere umano Gesù è in grado di rivelare Dio perché «Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini» (Lc 2,52; 2,40). In questo modo, è chiaro che il Verbo ha realmente conosciuto la lentezza del tempo e, in Gesù[4], ha fatto l’esperienza dell’essere che scopre il proprio sviluppo. Insomma, il modello cristologico di Galot sembra chiaramente affermare che perfino la fanciullezza storica di Gesù – di cui ovviamente sappiamo pochissimo – sia stata condizione necessaria per la piena conoscenza di Dio, come, del resto, riconosce anche Dei Verbum n. 2[5].
Gli italiani
Tra i tanti italiani, mi sembra sia stato propriamente Marcello Bordoni a dimostrare che Gesù è nel tempo l’Essere che lo trascende. Secondo il teologo sacerdote di Roma, è nella missione di Gesù che, in realtà, si apre la temporalità di Cristo risorto. In questo modo Bordoni dimostra che la storia di Gesù, cronologicamente datata, agisce prima e dopo quei trentatré anni in virtù della formalità divina racchiusa nell’azione teandrica[6]. Espresso in un linguaggio più esistenziale, i battiti del cuore di Gesù sono stati il rintocco dell’eternità nel tempo; non solo, ma essi sono pure in sintonia con i battiti del nostro cuore e, anzi, rendono simultaneo ogni nostro momento all’eternità di Dio, il quale proprio del nostro tempo – anche di questo attimo – si interessa. Su questo stesso registro possiamo rubricare anche il modello cristologico di Bruno Forte, divenuto celebre per la sua cristologia del silenzio, dello spezzamento di ogni calcolo e progetto umano – noi potremmo dire di ogni sicurezza codiciale[7]. Il teologo e vescovo partenopeo non ha dubbi nell’affermare che a colui che a suo tempo ma anche oggi ha riconosciuto nell’Umile giovane di Nazareth il centro della storia e si è convertito a lui, la vicenda umana – a partire dalla propria vicenda personale – e la storia della salvezza non appaiano più come due mondi stranieri l’uno all’altro. Cosicché, è impossibile che la nostra storia personale non abbia a che fare con quella di storica di Gesù, la quale, diventa, dunque, necessaria ad ogni uomo[8]. Dal momento che il nostro interrogativo tocca la questione se il cristianesimo abbia tradito Gesù o meno, non possiamo tralasciare di inserire, all’interno della nostra breve carrellata, il modello cristologico di Ed Parish Sanders[9], se di “modello”, in questo caso, si può parlare[10]. Dopo le scoperte di Qumran e dopo altri studi sull’ebraicità di Gesù, è oggi possibile affermare che l’uomo Gesù fu interamente giudeo, certamente un giudeo marginale[11] e provocatore, tuttavia latore di un messaggio e di un’azione che non fuoriescono dal quadro del giudaismo del proprio tempo. Siamo qui arrivati a toccare il crogiuolo del Gesù nella sua storia. Com’è risaputo, situandosi all’interno della terza ricerca sul Gesù storico (Third Quest), l’ipotesti istanziata da Sanders rincalza con il proprio “criterio di plausibilità storica” ogni peregrina fantasia sull’attendibilità del Gesù storico, tipica dei romanzi. Sanders si avvale, infatti, di due sottocriteri: ciò che appare plausibile nel quadro del giudaismo palestinese del tempo di Gesù (plausibilità a monte) e ciò che spiega l’evoluzione della tradizione di Gesù dopo Pasqua (plausibilità a valle). Per fare solo un esempio, vi è un Gesù attaccato alla Torah, ma anche quello stesso Gesù che ambisce a superarla[12].
Soluzione della questione: il cristianesimo non ha affatto tradito Gesù
Aver passato brevemente in rassegna questi modelli cristologici ci ha, forse, resi consapevoli che il cristianesimo è più che mai radicato nella storia, avendo questi il pregio di tenere tra loro uniti passato, presente e futuro. Anzi, da una prospettiva strettamente teologica si può affermare che senza il Gesù della storia non vi sarebbe nemmeno la storia, bensì, eventualmente, soltanto il transitare continuo tra un fatto e l’altro fino all’irrigidimento nell’insensatezza del fluire di quanto accade. Al fine di scogliere definitivamente la questione, che ci ha fin qui guidato come provocazione, dobbiamo, allora, compiere un ultimo sforzo e definire, più nel dettaglio il concetto di storia, almeno il fatto che, comunque, questa registri nei suoi documenti che Gesù «patì sotto Ponzio Pilato» (16 a.C.-36 d.C.) e, infine, perlustrare se la storia di Gesù si legò o meno, fin dall’inizio con quella della primitiva comunità ecclesiale.
[1] Cf K. Rahner, Corso fondamentale sulla fede, pp. 198-210.
[2] H.U. von Balthasar, Teologia della storia, p. 14. Nell’originale tedesco viene opportunamente distinto l’assolutamente irripetibile (das schlechthin Einmalige) da un soggetto assolutamente irripetibile (ein absolut einmaliges), per il quale viene teologicamente ipotizzata la congiunzione ontologica di Dio con l’uomo: ibidem, p. 14.
[3] Per questa affermazione si veda R. Gibellini, La teologia del XX secolo, Queriniana, Brescia 19963, pp. 355-357.
[4] Cf J. Galot, Alla ricerca di una nuova cristologia, Cittadella Editrice, Assisi (PG) 1971, p. 26.
[5] Cf J. Galot, Alla ricerca di una nuova cristologia, p. 120, e Id., L’attuale problema cristologico, in A. Marranzini, ed., Correnti teologiche postconciliari, Città Nuova, Roma 1974, pp. 191-207, qui pp. 202-204. Mi permetto, a questo proposito, il rimando alla problematica della «fides Jesu» presente nel libro da me tradotto: Ian G. Wallis, La fede di Gesù nelle tradizioni cristiane antiche. Traduzione, adattamento delle note e Postfazione di Gianluigi Pasquale OFM Cap., Lateran University Press, Città del Vaticano 2010. pp. 354-359.
[6] Cf M. Bordoni, Christus omnium Redemptor. Saggi di cristologia, (Itinerari 5), Pontificia Academia Theologica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, pp. 96-104; Id., Gesù di Nazaret Signore e Cristo. Saggio di cristologia sistematica. III. Il Cristo annunciato dalla Chiesa, Herder – PUL, Roma 1986, pp. 975-979.
[7] Cf B. Forte, Gesù di Nazaret, storia di Dio, Dio della storia. Saggio di una cristologia come storia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 19855, p. 165. Impressionante, per la minuziosità della ricerca è il lavoro, non ancora tradotto in italiano, di C. Bettega, Theologie der Geschichte: zum trinitarischen Ansatz der Geschichtstheologie Bruno Fortes, Lit, Münster 2007, pp. 127-130.
[8] Cf B. Forte, Gesù di Nazaret, pp. 304-305.
[9] Cf E.P. Sanders, Gesù e il Giudaismo, Marietti, Genova 1992 (or. inglese 1985)
[10] Cf G. Segalla, La ricerca del Gesù storico continua …, in R. Cantalamessa – R. Penna – G. Segalla, Gesù di Nazaret, pp. 47-54.
[11] Cf J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. 1: Le radici del problema e della persona; 2: Mentore, messaggio e miracoli; 3: Compagni e antagonisti, Queriniana, Brescia 2001; 2002; 2003. Cf anche F. Ephraïm, Gesù Ebreo praticante, Àncora, Milano 1993, pp. 16-17..
[12] Come dimostra appropriatamente G. Segalla, La ricerca del Gesù storico continua …, pp. 52-53.