Pubblichiamo una Laudatio per la Miscellanea di Studi in onore del Prof. Umberto Galimberti tenuta nel 2012 da fra’ Gianluigi Pasquale.
La laudatio
Illustre Direttore del Centro Culturale Francescano Artistico «Rosetum», illustri accademici, chiarissimi Professori ed egregi Dottori, cari Studenti, confratelli Cappuccini e amici qui presenti, quattro anni or sono, precisamente mercoledì 16 Gennaio 2008, avvenne, da parte mia, un azzardo nell’ufficio del Prof. Umberto Galimberti in Dipartimento. Con una “nonchalance” – a onor del vero a me poco consentanea – esposi al Prof. Galimberti, il mio desiderio di impegnarmi per una Miscellanea di Studi in suo onore, vista la allora prossima ricorrenza del suo settantesimo compleanno, caduta proprio mercoledì scorso 2 Maggio, e che oggi intendiamo festeggiare con questa “Presentazione”. Ricordo ancora adesso la sorpresa che colse all’improvviso il Professore, il quale, nel mentre accettava, mi pose questa domanda: «perché ti sobbarchi di questo lavoro»? Come Gli promisi allora è oggi, finalmente, arrivato il momento di rispondere. E non credo di osare troppo nel presumere che molti e molte dei qui presenti amici e Colleghi concorderanno con quanto si verrà adesso a dire.
Le parole di fra’ Gianluigi Pasquale
A motivo dell’ambiente che l’Università è, sbocciano in essa delle relazioni che, a differenza di quelle afferenti ad altre tipologie del consorzio umano, dello studente o della studentessa coinvolgono non soltanto la capacità di pensare, ma anche, in capo a quel Professore o a quell’altro, la possibilità di comprendere la propria esistenza, facendone sporgere il senso, e costituendo, per ciò stesso, legami che “prendono l’anima”, curandosi di essa. Come sappiamo, in questo caso le relazioni trattengono in sé un alcunché di trascendentalità, tendendo alla saturazione reciproca. Detto in maniera semplificata, il bene richiama bene e, per chi è credente, rinvia perfino a Colui che San Francesco d’Assisi denominava il «Sommo Bene».
Quando oramai dieci anni or sono, alla pari di altri studenti qui presenti, figuravo tra coloro che partecipavano alle lezioni di filosofia della storia o di psicologia dinamica del Prof. Umberto Galimberti, soltanto per citare due Corsi della Sua pluridecennale carriera qui all’Università «Ca’ Foscari», si usciva dall’aula non solo con un bagaglio arricchito di nozioni, ma, soprattutto, con un «codice» – così lo chiama il Professore – diverso per interpretare la realtà e, soprattutto, se stessi. Appunto: “si sentiva” che la lezione era entrata nell’anima, nella «casa di psiche». Difficilmente uno studente dimentica il proprio Professore se questi lo fa sentire a suo agio mettendolo alla pari: rispondendo alle sue domande tra le due ore accademiche, passeggiando con lui, magari fuori “in calle”, durante la pausa, oppure apprezzando le obiezioni – anche le più ingenue – esposte durante la lezione, oppure anche telefonando – a discapito del fatto che gli studenti del Professor Galimberti fossero assai numerosi a lezione – quando si sa che uno di loro si trova incagliato in una situazione esistenziale, e che la parola «non scoraggiarti» da sola basterebbe a tutto pur di proseguire, o, infine, spedendo proprio un libro a Natale con una dedica del tutto inaspettata, come successe a me il primo giorno di Gennaio del 2008 quando ricevetti la seconda edizione del celeberrimo La casa di psiche con questa dedica manoscritta: «Al mio amico Gianluigi con tanto affetto Umberto 1-1-08».
Il regalo
Ecco, allora, la risposta alla domanda iniziale, adesso giustificata dalle date del calendario: quel regalo di Natale 2007/2008 titolato La casa di psiche – e la dedica – risvegliarono in me la frase attribuita al Maestro «c’è più felicità nel dare, che nel ricevere» (At 20,35b), ricordandomi, però, che anch’io potevo essere un po’ più riconoscente all’altro maestro: Umberto Galimberti. Fu così che in quel giorno – a Capodanno – maturai la decisione della Miscellanea, piombando nell’ufficio del Professore quindici giorni dopo. Non si trattava affatto di contraccambiare. Piuttosto del desiderio irrefrenabile di portare a saturazione, e a mio modo, il bisogno di dire «grazie» per il tanto bene ricevuto in otto anni trascorsi assieme all’Università di Venezia. Una volta partita l’impresa, che ora abbiamo tra le mani in oltre 600 fittissime pagine nella forma di libro, quella «felicità del dare» si materializzava a poco a poco – solitamente succede proprio così – perché il solo nome di Umberto Galimberti mi introdusse piano, piano in un mondo affascinante, e per me nuovo, di filosofi, accademici, psichiatri, psicologi, direttori editoriali o di testate giornalistiche, sia a livello nazionale che internazionale. Mi accorsi, così, che il Professore, dal sorriso contagioso e ottimista per natura, fosse circondato da un nugolo di persone a lui immensamente grate e riconoscenti, come testimoniano i quarantacinque Autori che hanno scritto, e che del Professore sottolineano l’onestà intellettuale, l’imponente ricerca portata avanti negli anni, l’indiscussa originalità del pensiero speculativo, e perfino quell’umiltà e ritrosia che pure io ho sempre fiutato e stimato nella e della sua persona. Anche in via Giovanni Pacini, 48 a Milano. Mi veniva spontaneo, dunque, pensare, leggendo per esempio la corrispondenza del Prof. Mario Trevi e del Cardinale Gianfranco Ravasi, del priore di Bose Enzo Bianchi o del Professore Emanuele Severino, soltanto per fare alcuni nomi, di quanto fragili siano le nostre classificazioni se rabberciate seguendo la “communis opinio”, quella, appunto, “di passaggio”, così diametralmente opposta a ciò che Umberto Galimberti intende con il «metaxý».
A questo proposito, alla fine dell’impresa che ha portato a questa Miscellanea ho pure ammirato il fatto che il Professore Umberto Galimberti non sia mai intervenuto in itinere durante questi quattro lunghi anni di lavoro, tranne in un caso, quando mi chiese di non escludere dall’elenco quelle Studentesse e quegli Studenti che, sotto la Sua direzione, avevano conseguito il Dottorato di Ricerca in Filosofia. Questo squisito tocco di finezza, non solo ascrive questo volume che presentiamo nella più genuina tradizione accademica della «Festschrift» – dettaglio tutt’altro che indifferente almeno per chi ha potuto frequentare le Università tedesche – ma ratifica al meglio quanto finora detto. Ciò spiega, inoltre, la scelta di suddividere il volume in quattro grandi sezioni: psichiatria e fenomenologia (I), il pensiero simbolico (II), l’età della tecnica (III), la consulenza filosofica e il mondo della vita (IV). In queste quattro sezioni i Saggi seguono un ordine logico, cosicché non è un caso, per esempio, che il contributo del Emanuele Severino apra la terza sezione (Età della tecnica) e quello del Prof. Luigi Perissinotto apra la quarta (La consulenza filosofica e il mondo della vita), oppure che gli scritti di Carlo Feltrinelli e di Eugenio Scalfari compaiano a coronamento dell’intero volume, il cui titolo mi corre l’obbligo di giustificare, rievocando un aneddoto raccontato dal Prof. Meletis Meletiadis di Tessalonica e occorso nei pressi di Olympiada, un piccolo paesino nella Calcidica nord-orientale. Così si legge a pag. 189: «E lì, sotto i canti dei merli e dei gabbiani tra i due mari del promontorio, seduti per terra, accoccolati in mezzo tra il vouleutirio (parlamento) e l’anfiteatro del popolo antistante, nel centro dove – secondo lo storico – i concittadini di Aristotele, avendole riportate in patria via mare, deposero le due ossa, il fratello Umberto alzò le mani verso il cielo esclamando: “Dei di Olimpo vi sono grato! Sono decenni che sto cercando questo luogo!”. E inchinatosi baciò la terra che aveva ospitato il sommo. Poi proseguì: “Ecco dove sta il filosofo: “en to mezo”, nel mezzo della città, nell’agorà, fra la gente! Unisce tutti, tenendo saldo il koinon!». Certo sta non tra i governanti – pensai […] ma proprio nel punto centrale della vita quotidiana, diventando cuore e anima della popolazione interna» (Meletis Meletiadis, È dell’anima un logos che accresce sé stesso).
I ringraziamenti
In limine: oltre a ringraziare il Direttore del Dipartimento che fin dall’inizio mi incoraggiò e mi suggerì la Carocci Editore di Roma, gli Autori del volume, i familiari del Professore Umberto Galimberti, in primis la figlia Katja e i nipotini Kea, Alek e Maky, senza dimenticare la moglie Tatjana Simonič (1946-008) e tanti amici che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione di quest’opera, vorrei – se mai ce ne fosse ancora bisogno – esprimere ex toto corde un ultimo grazie al festeggiato chiosando ulteriormente il significato del titolo: «Ritorno ad Atene». Si tratta di una prima persona singolare che ritorna là dove è sempre dimorata, un viandante della filosofia che non ha mai abdicato, però, alla propria umiltà, onestà e rettitudine. Ogni vero Pensatore – che, ovviamente, così si possa chiamare – si conosce non solo dalla sua bibliografia, ma anche dalla sua biografia, essendo questa seconda che ratifica la prima. E chi ha conosciuto personalmente Umberto Galimberti, di lui ha certamente intravisto il giusto filosofo, umile e onesto, quello della “terra senza il male”, la terra di Atene, dove, a motivo della propria giustizia e parafrasando la Sacra Scrittura «tutti là siamo nati» (Salmo 87,4). “Ritorno ad Atene” significa per tutti noi che abbiamo conosciuto il Professore, ritornare allo sguardo del Nostro, oramai, testimone: sguardo sereno, attorniato dal sorriso contagioso, quello che gli sfugge spontaneo nell’attimo dell’incontro. Grazie Professore! In ogni suo libro, in ogni silenzio, in ogni aula, in ogni nostro futuro, ci sarà sempre quel suo sorriso a baluardo del testimone. Ad Atene, infatti, si ritorna nello spazio dove, citandoLa, «l’uomo abita nelle vicinanze di Dio», nel metaxý dove errano i mortali: “per sempre”.