«La “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6,4), mediante il quale possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio attraverso la morte alla vita eterna»[1].
Sono proprio queste prime espressioni collocate all’inizio del «Motu proprio Porta Fidei» quelle che, al meglio, illuminano quanto è successo da cinquant’anni a questa parte. Ovvero, se volessimo anticipare, fin da subito, in una sola espressione teologica la silenziosa rivoluzione maturata in seno al Concilio e sviluppatasi progressivamente nel Cinquantennio successivo potremmo chiamarla così: il concetto inedito di «storia della salvezza», come unico “grembo” all’interno del quale l’uomo può rispondere con la sua fede a Dio che di rivela. In realtà, l’idea cristiana di «storia della salvezza», di «historia salutis» – coniata per la prima volta e in assoluto con Dei Verbum n. 2 – ha, infatti, un merito indiscusso: aver tentato di spiegare come il Dio, assolutamente altro, si comunichi nella storia, essendo questa tutt’altro che Dio.
L’articolo di Karl Rahner
Già nello stesso anno in cui veniva indetto il Concilio Vaticano II (1961)[2], per fare soltanto un esempio, Karl Rahner (1904-1984) – perito al Concilio – firmava un famoso articolo apparso nel Kleines Theologisches Wörterbuch programmaticamente intitolato «storia della salvezza». Fin da quell’anno i teologi cattolici erano, infatti, persuasi che la teologia cattolica della storia, ovvero la riflessione sul senso del tempo e di quanto accade agli occhi di Dio, stesse ancora muovendo i suoi «primi passi»[3]. Di fatto non ci si sbagliava, se non altro perché il conio dell’espressione tecnica «historia salutis» – come già anticipato – avvenne ufficialmente soltanto quattro anni dopo, nel 1965, con la Costituzione dogmatica Dei Verbum (DV 2)[4].
Qualche mese dopo la chiusura del Concilio sempre Karl Rahner tenne, poi, una conferenza a un congresso teologico internazionale all’Università di «Notre Dame» negli Stati Uniti (23 Marzo 1966), riguardante i compiti della teologia della Rivelazione nel periodo postconciliare[5]. Egli era abbastanza fiducioso che il Vaticano II avrebbe fornito uno stimolo straordinario alla teologia cattolica, non per il fatto di aver aggiunto nuovi dogmi – cosa che, a suo parere, il Concilio non fece – bensì perché esso cambiò quell’atmosfera nella quale la teologia può servire all’intelligenza della fede[6]. Sempre in quella conferenza egli invitava a puntare lo sguardo su Cristo «nell’orizzonte di una storia della salvezza che comprende a priori tutta l’umanità e permette di vedere in Cristo il vertice di essa e della rivelazione per tutti gli uomini»[7]. In questo modo, però, pronunciandosi a favore di un’idea così ampia di «storia della salvezza», il teologo Gesuita indicava alla teologia cattolica che proprio tale concetto poteva fare da collante per un discorso comune su Dio e sull’uomo in genere, tale da essere credibile, anticipando – se così possiamo esprimerci – il seme di quell’«annus fidei» che stiamo celebrando.
Quella giovane teologia postconciliare era, infatti, fortemente convinta che, nell’areòpago delle religioni, scopo del cristianesimo fosse proprio quello di coordinare i complessi parziali di senso della storia dell’uomo – l’amore, il bello, il vero individuale e sociale – con la protologia e l’escatologia cristiane, ovvero con l’inizio e la fine della storia della salvezza, in cui Dio crea e porta a consumazione tutte le cose in Cristo[8].
Il rapporto tra theologia e oikonomia
Ciò nonostante, il rapporto tra theologia e oikonomia per la riflessione cattolica non è sempre risultato indolore. La teologia cattolica, infatti, si è sovente «ferita» quando si è accostata alla storia, ricevendone, per così dire, un vulnus concettuale. A riconoscerlo per il proprio riflettere è lo stesso Benedetto XVI. Mentre due anni dopo quella famosa conferenza di Karl Rahner negli USA e quale risultato ultimo di una dettagliata ricerca sulla visione della storia in San Bonaventura (1217-1274) – ora interamente pubblicata[9] – anche Ratzinger era convinto che la storia risultasse mediatrice verso l’essenziale contenuto della fede, più tardi, all’inizio degli anni Ottanta affermava che:
se è vero che vale nella teologia il prae dell’agire divino, che la fede in una actio Dei precorre ogni altra enunciazione, allora è messo in evidenza il primato della storia sulla metafisica. […] Ciò dimostra ancora una volta che Dio ha potere sul tempo, e che il suo essere non ci diviene accessibile che attraverso il suo agire. […] Di questo si deve innanzitutto parlare, prima che dell’uomo, del suo peccato e della sua ricerca del Dio di grazia[10].
Ciò nonostante, qualche pagina dopo correggeva il tiro dicendo che:
io oggi insisterei più di quanto s’è fatto qui, di fronte all’importanza fondamentale dell’«è», sull’insostituibilità e la posizione primaria dell’ontologico e quindi della metafisica come fondamento di qualsiasi storia. […] Il fatto che il primo articolo di fede costituisca il fondamento di tutta la fede cristiana, implica teologicamente il carattere fondamentale delle affermazioni ontologiche e l’impossibilità di rinunciare all’elemento metafisico, cioè al Dio creatore che precede ogni divenire[11].
Secondo Ratzinger, insomma, «fra i cattolici […] non ci si era mai liberati del tutto da un certo disagio di fronte alla pretesa dell’elemento storico in teologia. Ora sembrava ce ne si potesse affrancare, ritraendosi dalla Historie nella Geschichte e rimettendo l’Historie agli storici, come campo di manovra privo ormai di ogni pericolo»[12]. Il problema per la teologia della storia della salvezza portava, insomma, solo questo nome: «storia», e a ben pensare è pure un problema che, se non sufficientemente chiarito, rischia di adombrare persino la corretta comprensione che se ne fa in Verbum Domini[13], come vedremo tra poco. Dobbiamo, dunque, compiere un passo ulteriore al fine di osservare la reazione della teologia cattolica dinnanzi al conio conciliare del concetto di historia salutis.
È giusto, in altre parole, chiederci: quale idea teologica si erano fatti i teologi al Concilio – se tali erano le incertezze di due tra i suoi più autorevoli periti? E, soprattutto, domandarci che cosa sia effettivamente successo tra la chiusura del Vaticano II fino ad oggi, dopo la scelta dei Padri conciliari di spingere fino ai limiti del possibile i presupposti filosofici e teologici nel pensare la storia come mediatrice verso l’essenziale della salvezza che viene da Dio, varando il concetto più importante entrato oggi in teologia, quello di «storia della salvezza». E questo perché il problema fondamentale di ogni teologia, sia protestante che cattolica e, quindi, di tutta la teologia, è proprio quello di mettere assieme la fede nel Dio eterno con la storia grigia e frammentaria in cui egli si rivela, l’«è» di Dio con i nostri «e» transeunti, l’essenza con l’economia. In questa ricerca, dunque, osserveremo in tre momenti successivi le tappe principali che hanno portato, date queste premesse, all’indizione dell’«anno della fede», quale celebrazione anniversaria del Concilio. In ordine di importanza esse sembrano essere tre: l’ermeneutica dei «segni dei tempi»; l’intima relazione che esiste tra la rivelazione divina e la storia generale del mondo e della salvezza; il probabile impatto che il Vaticano II avrà, a questo proposito, per il secolo XXI nell’ottica di un’ermeneutica della «riforma» e non della «discontinuità.
[1] Benedetto XVI, Porta Fidei, n. 1.
[2] Il XXI Concilio Ecumenico Vaticano II venne ufficialmente indetto dal Beato Giovanni XXIII con la Costituzione Apostolica «Humanae Salutis» del 25 Dicembre 1961.
[3] K. Rahner – H. Vorgrimler, «Storia della salvezza», in Id., Dizionario di teologia, ed. G. Ghiberti, Morcelliana, Brescia 1968, pp. 676-677, qui p. 677 [or. Id., «Heilsgeschichte», in Id., ed., Kleines theologisches Wörterbuch, Herder, Freiburg im Breisgau 1961, pp. 666-677; d’ora in poi KTW].
[4] Cf J. Ratzinger, Theologische Prinzipienlehre. Bausteine zur Fundamentaltheologie, E. Wewel, München 1982, pp. 180-181 [= tr. Id., Elementi di teologia fondamentale. Saggi sulla fede e sul ministero, Morcelliana, Brescia 1986].
[5] Cf K. Rahner, «Die Herausforderung der Theologie durch das Zweite Vatikanische Konzil», in Id., Schriften zur Theologie und Kirche, VIII, Benziger Verlag, Einsiedeln – Zürich – Köln 1967, pp. 13-42 [d’ora in poi SzTh].
[6] Cf K. McDade, «Catholic Theology in the Post-Conciliar Period», in A. Hastings, ed., Modern Catholicism. Vatican II and After, London SPCK-NY Oxford 1991, pp. 422-443; W. Henn, «La situazione in Nord America», in R. Fisichella, ed., Il Concilio Vaticano II. Recezione e attualità alla luce del Giubileo, tr. dall’inglese di Gianluigi Pasquale, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2000, pp. 439-451, qui p. 439.
[7] K. Rahner, «Die Herausforderung der Theologie», p. 31 [tr. Id., «La promozione della teologia ad opera del Vaticano II», in Id., Nuovi Saggi, III, Edizioni Paoline, Roma 1969, pp. 11-44, qui p. 32].
[8] Cf K. Rahner, «Weltgeschichte und Heilsgeschichte», SzTh.V.Neuere Schriften, Benziger Verlag, Einsiedeln – Zürich – Köln 1962, pp. 115-135, qui pp. 128-129.
[9] Cfr. G. Pasquale, «La salvezza si appoggia alla storia. Una lettura teologica del libro di J. Ratzinger, San Bonaventura», in M. Schlosser – F.X. Heibl, ed., Gegenwart der Offenbarung. Zu den Bonaventura- Forschungen Joseph Ratzingers, (Ratzinger-Studien 2), Verlag Friedrich Pustet, Regensburg 2011, pp. 487-508.
[10] J. Ratzinger, Elementi di teologia fondamentale, pp. 137-138.
[11] J. Ratzinger, Elementi di teologia fondamentale, p. 143. Completamente agli antipodi è la posizione di E. Severino, Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa, Rizzoli, Milano 2005, 139-157.
[12] J. Ratzinger, Elementi di teologia fondamentale, p. 129.
[13] Benedetto XVI, Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini del Santo Padre Benedetto XVI all’Episcopato, al Clero, alle Persone Consacrate e ai Fedeli Laici sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010 [d’ora in poi VD].