Il libro di H.U. von Balthasar, Glaubhaft ist nur Liebe, Johannes Verlag, Einsiedeln 1963, apparve per la prima volta in traduzione italiana nel 1965: H.U. von Balthasar, Solo l’amore è credibile, Borla, Roma 1965, grazie al lavoro di traduzione di Mario Rettori. Seguirono le ristampe del 19852 e l’ultima del 19913. Secondo C. Capol, Bibliographie 1925-1990, Johannes Verlag Einsiedeln, Freiburg 19902, 15, il testo è stato tradotto in sette lingue, mentre l’originale in lingua tedesca ha già raggiunto la sesta edizione [20006]. Le recensioni internazionali a questo singolare lavoro del teologo tedesco sono innumerevoli.
L’ALTERITÀ ASSOLUTA DI GESÙ CRISTO È NELL’ORDINE DI UN GENITIVO SOGGETTIVO
Il probatur thesis dello studio in oggetto intende rispondere alla questione dell’essenza del cristianesimo e si pone, pertanto, in stretta simmetria con il famoso saggio di L. Feuerbach, Das Wesen des Christentums, I-II, ed. W. Schuffenhauer, Akademie Verlag, Berlin 19566, da una parte, quindi, dirimpettaio al pensiero del famoso filosofo tedesco appartenente alla cosiddetta «sinistra hegeliana». Dall’altra, il saggio di Balthasar può essere considerato come l’integrazione costruttiva e positiva di un suo precedente lavoro: H.U. von Balthasar, Schleifung der Bastionen. Von der Kirche in dieser Zeit, Johannes Verlag, Einsiedeln 19522; 19895 [tr. it.: Id., Abbattere i bastioni, Borla, Torino 1966]. Nell’intento di Balthasar, Glaubhaft ist nur Liebe rimane, in ogni caso, un «abbozzo» volto a chiarire le linee direttive e gli scopi del suo più consistente lavoro Id., Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik, I-II, Johannes Verlag, Einsiedeln 1961; 19883, nel doppio senso di una dottrina soggettiva della percezione e di una dottrina dell’autointerpretazione oggettiva della gloria divina. In tale abbozzo il teologo svizzero voleva mostrare che questo metodo teologico, ben lungi dal rappresentare un sottoprodotto irrilevante e superfluo del pensiero teologico, aveva, invece, il diritto e il dovere di avanzare la pretesa di essere collocato come unico metodo definitivo al centro della teologia, laddove la verificazione cosmologica e antropomorfa può tutt’al più essere ammessa come punto di vista di carattere complementare.
La pluralità di misteri da credere
Infatti, nel cristianesimo il rimando a una pluralità di misteri da credere non ha mai soddisfatto la domanda ultima del cristiano. Egli mira, piuttosto, a un punto unitario in cui trovi la sua giustificazione la richiesta che viene fatta all’uomo di credere: un logos, anche se di caratteri e di natura particolari, ma così persuasivi, anzi così travolgenti e irresistibili che, balzando fuori dalle «contingenti verità storiche», conferisca loro il carattere di necessità. Nel periodo della patristica, durante il medioevo e il rinascimento — i cui epigoni giungono fino al periodo dell’attualità — la posizione di tale logos venne situata sul piano cosmico, inquadrandolo nella storia dell’universo. L’era moderna, a partire dall’illuminismo, l’ha, invece, trasferito su un piano antropologico. Se il primo tentativo risulta limitato e confinato entro i termini del tempo e della storia, il secondo è fallito proprio come impianto: quel che Dio intende dire all’uomo attraverso Cristo non può ricevere sistemazione né nel mondo nel suo insieme, né nell’uomo in particolare. Diversamente, esso è assolutamente teologico, anzi, secondo Balthasar, esso è meglio ancora «teo-pragmatico»: atto di Dio nei confronti dell’uomo, atto che si spiega dinanzi all’uomo e per lui, e che soltanto così può trovare in lui e con lui la sua spiegazione. Per Balthasar, questo atto è credibile soltanto come amore perché è l’amore stesso di Dio, la cui manifestazione è quella della gloria di Dio.
Il punto d’intersezione
Il punto di intersezione, dunque, tra l’universalità della proposta cristiana e la modalità particolare con cui essa è fatta, viene individuato, dal teologo svizzero, nell’alterità assoluta che è Gesù Cristo. L’autocoscienza cristiana — e quindi la teologia — non può essere spiegata mettendovi a fondamento e giustificazione una sapienza acquisita per divina rivelazione che sublimi e trascenda la cognizione religiosa umana (ad maiorem gnosim rerum divinarum), oppure l’uomo preso e individualmente e come entità sociale, che perviene soltanto attraverso la Rivelazione e la Redenzione a una coscienza definitiva di sé (ad maiorem hominis perfectionem et progressum generis humani), ma unicamente può essere spiegata giustificandola come l’autoglorificazione dell’amore divino: ad maiorem divini amorisgloriam. Nell’Antico Testamento questa gloria (kabod) consiste nella presenza dell’augusta maestà di Jahwé nella sua alleanza, trasmessa per il tramite di questa, in tutto il mondo; nel Nuovo Testamento questa sublime gloria si spiega come l’amore di Dio in Cristo che discende nell’abisso estremo di tenebra e di morte. Tale quid extremum (la vera escato-logia), che se si concepisce tutto in termini di cosmo e di uomo è assolutamente inimmaginabile, può essere percepito nella sua realtà soltanto accogliendolo come l’«alterità assoluta».
L'”indifferenza” cristiana
Il saggio Glaubhaft ist nur Liebe, insomma, deve essere propriamente considerato come un’introduzione al metodo balthasariano dell’«estetica», e con questo resta specificato che quanto viene in esso così chiamato è inteso come un qualcosa di puramente teologico, cioè come l’intuizione, possibile, soltanto per fede, della gloriosa manifestazione dell’amore assolutamente libero di Dio. Nel pensiero di Balthasar tale estetica non ha, pertanto, alcunché in comune con l’estetica cristiano-filosofica, ad esempio del rinascimento, oppure dell’illuminismo o, addirittura, dell’idealismo. Quelle sono, piuttosto, fattispecie di una religiosità estetica sic et sempliciter. Balthasar mira, invece, alla de–monstratio che soltanto l’«indifferenza» cristiana è l’unico atteggiamento possibile per la ricezione del disinteressato amore divino, il quale non ha altri scopi all’infuori di sé, ossia che è credibile perché è assoluto.