La storia
Plinio il Vecchio tramanda che i Marsi – popolo discendente da Marso, figlio di Circe – riuscivano a incantare i serpenti, nonché a curarne i morsi, ma anche ad estrarre il veleno dai denti dei rettili creando così degli antidoti. Ricordiamo, inoltre, il culto pagano della Dea Angizia, cui erano offerti serpenti come atti propiziatori, in quanto protettrice dai veleni. La festa di San Domenico sembrerebbe essere stata introdotta intorno all’anno 1000, riprendeva elementi leggendari, sostituendo i culti pagani: il santo, infatti, viene ancora oggi invocato contro la febbre e la tempesta dagli abitanti del basso Lazio, mentre per quelli dell’Abruzzo centrale costituisce una garanzia contro il mal di denti, i morsi di serpenti, cani idrofobi e lupi.
I serpenti
Perché mai a San Domenico Abate si attribuiscono queste qualità? Il santo, secondo alcune cronache medievali, riusciva a guarire dal morso dei serpenti, effettuando quindi miracoli. Ed ecco come la tradizione si fonde con la storia, la leggenda e il territorio. Non si dimentichi, inoltre, che San Domenico fu fondatore di molti monasteri tra Lazio e Abruzzo, riformando la vita monastica. Del santo esistono due reliquie, ovvero un dente molare e il ferro della sua mula, conservate nella chiesa di Cocullo, donati dallo stesso Domenico agli abitanti. Il primo si trova all’interno di un reliquiario appeso a una catenella e, secondo la tradizione, viene baciato o posto sulla parte del corpo che necessita di guarigione. Alla fine della processione, quando la statua torna al santuario, si compie il rito della campanella: i fedeli stringono con i denti la corda della campanella, collocata vicino alla cappella, tirandola, per mantenere sana la propria dentatura e preservarla da ogni male, terminando con la raccolta della terra benedetta, che sarà sparsa nei campi.
Candidata Unesco
La “Festa dei Serpari”, proprio per la sua particolarità e per il fatto di costituire elemento identitario e tradizionale, è candidata al riconoscimento UNESCO. La figura del serpente, sin dalle origini, è stata demonizzata, eppure eccola abbinata a quella di un santo, un monaco, che per il Centro Italia ha scritto qualche pagina di storia. Quei rettili, tra le mani degli uomini durante la celebrazione, toccati persino dai pellegrini prima della processione,perdono l’aura di “malvagità”, tornando così ad essere semplici creature del sottobosco, tanto importanti per l’ambiente e le nostre tradizioni.