I pellegrini sono tornati già da mesi, mettendosi alle spalle i tempi bui della pandemia. E sono arrivati in tanti per la festa della Traslazione delle reliquie del Santo, popolarmente conosciuta come Festa “della Lingua” , la ricorrenza antoniana più importante subito dopo la solennità del 13 giugno.
La festa
Perché ? Perché si ricorda e si celebra il ritrovamento della lingua incorrotta di Antonio ben 760 anni fa. Che cosa è successo? L’8 aprile 1263 Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale dei frati francescani, sovrintende alla ricognizione dei resti del santo, e tra di essi si trova intatta la lingua di Antonio, morto da più di trent’anni. Grande stupore, grande gioia e conferma della natura miracolosa di Antonio e di tutto quello che lo riguarda: il segno tangibile della grandezza riconosciuta dall’Alto delle sua capacità di predicare, della potenza dei suoi sermoni. La reliquia è da subito oggetto di particolare venerazione e a distanza di secoli, è tuttora visibile, incorrotta, all’interno del reliquiario custodito nella Cappella del Tesoro, realizzato nel 1436 dall’orafo Giuliano da Firenze.
Il ritorno dopo la pandemia
Quest’anno è tornata, dopo due anni di stop dovuti alla pandemia, la processione interna al santuario al termine della messa cantata delle ore 18.00. Con la presenza delle tante realtà associative attive in basilica, tra i quali la Pia Unione Macellai, che affonda le sue radici nel Medioevo e la cui storia si è in seguito strettamente intrecciata con quella della Milizia dell’Immacolata, voluta da san Massimiliano Kolbe, l’Arciconfaternita di S. Antonio, la Veneranda Arca del Santo e gli ordini cavallereschi. Come nel più recente passato, la processione ha fatto seguito alla santa messa cantata del pomeriggio, presieduta da padre Roberto Brandinelli, ministro della Provincia Italiana di S. Antonio di Padova dei Frati minori conventuali e animata sempre dalla Cappella Musicale Antoniana. La processione si snoda all’interno della basilica, con la reliquia del mento del Santo portata a spalla dai membri della Pia Unione Macellai. Uno spettacolo anche per gli occhi, veder sfilare i membri di queste antiche associazioni nei loro mantelli e simboli, a testimonianza di una tradizione che non si spegne, anche con il passare del tempo e con il fenomeno di “desertificazione” spirituale con cui abbiamo a che fare. Al termine, l’invocazione con la preghiera di affidamento al Santo O lingua benedicta (la preghiera pronunciata da Bonaventura, alla vista della reliquia) e benedizione finale con la Reliquia della falange del dito di S. Antonio, la stessa usata nella solennità del 13 Giugno e conservata il resto dell’anno nella Cappella del Tesoro. Fuori, sul sagrato della basilica, ci sono gli stand allestiti dal Messaggero di Sant’Antonio per raccogliere offerte per le vittime del terremoto in Siria e Turchia. Carità e condivisione.
Le parole di Dal Cin
Del resto, ha ricordato nella sua omelia durante la celebrazione del mattino monsignor Fabio Dal Cin, delegato pontificio, “Sant’Antonio ha passato la vita a parlare in difesa degli altri, dei poveri, dei migranti e a lodare Dio. Noi oggi siamo chiamati a guardare il suo esempio, impegnati verso una delle richieste più difficili del Vangelo: amare i nostri nemici”. Pensando proprio alla lingua del Santo, famoso per le sue virtù oratorie in tutto il mondo il delegato pontificio ha invitato i fedeli presenti così numerosi ad amare anche chi ci odia, secondo appunto il dettato evangelico. “È una richiesta che ci può disturbare” ha continuato, “È già difficile amare chi ci vuole bene, come si può amare il nemico?”Eppure questa è proprio la sfida a cui ha tenuto testa sant’Antonio per tutta la sua breve esistenza terrena. Amore e misericordia, ma anche senso profondo della giustizia. Basterebbe ricordare la lotta strenua combattuta in favore dei debitori. Ai tempi della Padova comunale, chi non poteva pagare i propri debiti era condannato al carcere a vita. Per intercessione di Sant’Antonio questa legge venne modificata nel 1231, tre mesi prima della sua morte, e il Badoero, podestà di Padova, ordinò che grazie al venerando frate Antonio nessuno per alcun debito fosse carcerato. (ACI Stampa).