“Con voi imploro dal Cielo la pace che gli uomini faticano a costruire in terra. La supplico per il Medio Oriente e per il Libano. Il Libano è, e deve restare, un progetto di pace. Non dimentichiamo quello che un Papa ha detto: ‘Il Libano è un messaggio, e questo messaggio è un progetto di pace’. La sua vocazione, del Libano, è di essere una terra dove comunità diverse convivono anteponendo il bene comune ai vantaggi particolari, dove religioni e confessioni differenti si incontrano in fraternità”. Lo ha detto Papa Francesco ricevendo in udienza stamane in Vaticano i familiari delle vittime dell’esplosione nel porto di Beirut avvenuta il 4 agosto 2020.
Le parole di Papa Francesco
“Con voi sento il dolore di vedere ancora, ogni giorno, morire tanti innocenti, a causa della guerra nella vostra regione, in Palestina e in Israele, e il Libano ne paga il prezzo. ‘Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra sempre è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male’ (Lett. enc. Fratelli tutti, 261)”, ha detto il Papa mentre sul Libano continuano a soffiare sempre nuovi venti di guerra. “Con commozione incontro voi, familiari delle vittime dell’esplosione nel porto di Beirut, avvenuta quattro anni fa – ha affermato nel suo saluto -. Ho pregato tanto per voi e per i vostri cari, e ancora prego, unendo le mie lacrime alle vostre. Oggi ringrazio Dio di potervi incontrare, di esprimervi di persona la mia vicinanza”. “Con voi – ha proseguito il Pontefice – faccio memoria di tutti coloro ai quali quella tremenda esplosione ha tolto la vita. Il Padre celeste conosce i loro volti, uno per uno, sono davanti a Lui; penso al visino della piccola Alexandra. Dal Cielo loro vedono i vostri affanni e pregano perché abbiano fine”.
“Con voi chiedo verità e giustizia, che non è arrivata: verità e giustizia – ha detto ancora -. Tutti sappiamo che la questione è complicata e spinosa, e che pesano su di essa poteri e interessi contrastanti. Ma la verità e la giustizia devono prevalere su tutto. Sono passati quattro anni; il popolo libanese, e voi per primi, avete diritto a parole e fatti che dimostrino responsabilità e trasparenza”. “Vorrei che ciascuno di voi sentisse, insieme al mio affetto, anche quello di tutta la Chiesa – ha aggiunto Francesco -. Noi sentiamo e pensiamo che il Libano è un Paese martoriato. So che i vostri Pastori, i religiosi e le religiose vi sono vicini: li ringrazio di cuore per quanto hanno fatto e continuano a fare. Non siete soli e non vi lasceremo soli, ma rimarremo solidali con voi attraverso la preghiera e la carità concreta”.
L’udienza con i partecipanti al XVIII Capitolo generale della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe
“E’ ingiusto e sterile l’atteggiamento di chi questa gioventù, abbandonata e disorientata, si limita a criticarla”: l’atteggiamento giusto, invece, è quello di chi sa ”cogliere nei giovani una grande potenzialità di bene, che aspetta solo di fiorire e far frutto, se sostenuta e accompagnata da guide sagge, pazienti e generose”. Lo ha affermato il Papa ricevendo in udienza i partecipanti al XVIII Capitolo generale della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe (Giuseppini di Asti di San Giuseppe Marello).
No a ”protagonismi inutili”, ha ammonito Francesco, che ha fatto notare come ”i nostri giovani – ma in verità un po’ tutti noi – vivono e viviamo in un mondo fatto di esteriorità, in cui quello che conta è apparire, ottenere consensi, fare esperienze sempre nuove. Ma una vita vissuta tutta fuori lascia vuoti dentro, come chi passa tutto il tempo in strada e lascia che la propria casa vada in rovina per mancanza di cura e di amore”.
Il Papa evoca sue radici astigiane
“Come sapete, anche la mia famiglia ha origini astigiane. Abbiamo radici comuni in quella terra di Piemonte, che ha dato i natali al vostro fondatore San Giuseppe Marello. Terra bella, quella, del buon vino!”, ha detto il Papa. “Senza Gesù non stiamo in piedi!”, ha detto Francesco a braccio richiamando tre tratti della figura di San Giuseppe: “Il nascondimento, la paternità e l’attenzione agli ultimi”. Poi, ancora a braccio, l’invito a “pensare ai propri peccati: tutti siamo peccatori, ma pensate ai vostri peccati adesso. Quando voi siete caduti nel peccato era perché non eravate vicini al Signore. Quello che è vicino al Signore si aggrappa subito e non cade. La vicinanza al Signore”.
“Non illudiamoci: senza di lui non stiamo in piedi”, il monito del Papa: “Nessuno di noi, ognuno ha le proprie fragilità e senza il Signore che ci sostiene non staremmo in pedi. Perciò vi incoraggio a coltivare sempre una buona vita di preghiera, attraverso la partecipazione ai Sacramenti, l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio, l’adorazione eucaristica, sia personale che comunitaria”. “Alle volte noi trascuriamo l’adorazione”, ha detto Francesco ancora a braccio: “Adorare in silenzio, lo dovemmo fare tutti, ma per primi noi religiosi”.
Foto: Vatican Media