Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Andò Maria al tempio, ove entrando adorò l’eterno Padre, e rimirando vide una moltitudine di gente che udiva la disputa che facevano i satrapi e i dottori della legge (I 185).
Oggi si discute e si scrive moltissimo su tante problematiche politiche, sociali, religiose, etiche, storiche… Spesso, purtroppo, lo si fa per mettere in evidenza se stessi e per far prevalere il proprio giudizio, lasciando talora perplessi gli ascoltatori e, probabilmente, senza ottenere alcun risultato valido per la vita pratica.
«Arrivò Maria in Gerusalemme, stanca e afflitta, e subito andò al tempio […], voltò l’occhio e vide una moltitudine di gente che udiva la disputa che facevano. Si avvicinò Maria con quel desiderio di cercare chi tanto amava, e vide l’unigenito suo figliuolo in mezzo di quei dottori, che stavano tutti attoniti e stupiti nel sentir tanta sapienza, rimirandolo ognuno e dicendo fra di essi: “Oh che aspetto venerando! Oh che sapienza divina! Di chi è figlio?”. Alcuni di essi godevano nel sentirlo così ben parlare, altri invidiandolo si vergognavano a disputare con un fanciullo di età così tenera» (I 378). La sapienza divina «più s’impara a contemplare che a parlarne, più si intende a orare che a disputare, più si gusterà nell’interno che nell’esterno; più si trova nella solitudine che nei tumulti del mondo, e più s’impara alla scuola delle piaghe di Cristo che nelle scuole del mondo (II 555).