Papa Francesco poi è arrivato in auto alla Cattedrale di Nostra Signore dall’Assunzione, a Giacarta, principale luogo di culto cattolico della capitale indonesiana, nonché sede dell’arcivescovo, collocata nel centro della città e di fronte alla Moschea Istiqlal.
L’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e i catechisti
Il Pontefice ha incontrato oggi i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e i catechisti. All’ingresso principale della Cattedrale, il Papa è stato accolto dal cardinale arcivescovo di Giacarta, mons. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Antonius Subianto Bunjamin, e dal parroco, il quale gli ha dato la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione. Due bambini gli hanno offerto dei fiori.
La testimonianza di una religiosa
“Amato Papa Francesco, a nome di tutti i consacrati e le consacrate in Indonesia, desidero esprimere profonda gratitudine per la Sua visita, che ispira e rafforza il nostro impegno verso Dio. Nonostante la vastità dell’Indonesia, noi consacrati e consacrate ci sentiamo uniti nel nostro lavoro, sostenuti dalla Chiesa e dalla Conferenza episcopale indonesiana”. E’ iniziata così la testimonianza di una religiosa, suor Rina Rosalina, delle Missionarie Clarisse del Santissimo Sacramento, durante l’incontro di Papa Francesco con i vescovi e il clero nella Cattedrale di Giacarta. “Il Signore ci ha invitato a camminare insieme nel nostro pellegrinaggio ed è nostra responsabilità rispondere al suo invito non solo nelle nostre comunità locali, congregazioni e diocesi, ma anche con Sua Santità, in comunione con la Chiesa universale”, ha continuato. La suora non ha fatto mancare al Pontefice anche una rimostranza: “Santo Padre, cerchiamo sempre di imparare da Lei. Purtroppo, a causa della distanza e delle barriere linguistiche, a volte abbiamo difficoltà a studiare i documenti emanati da Roma”.
“Nonostante gli sforzi dei nostri Vescovi, le traduzioni possono richiedere molto tempo e, anche quando sono completate, la loro approvazione richiede tempo a Roma – ha lamentato la religiosa -. Stiamo ancora aspettando di poter leggere nella nostra lingua madre, ‘bahasa Indonesia’, alcuni dei Suoi insegnamenti”. “Lo segnaliamo alla Sua attenzione, Santo Padre, affinché ci aiuti in questa questione e perché noi, in questo Paese lontano, possiamo essere più perfettamente uniti e in armonia con la Chiesa universale, camminando insieme nella sinodalità”, ha auspicato. “E infine, mi permetta di rivolgerLe alcune parole in spagnolo, per trasmetterLe i saluti affettuosi soprattutto delle mie Sorelle Clarisse Missionarie del Santissimo Sacramento in Indonesia – ha concluso suor Rina -. Le vogliamo molto bene e siamo grate di avere un Papa così vicino e pastorale. Santità, conti sempre sulle nostre preghiere e sui nostri sacrifici quotidiani. Che Dio La benedica”.
Le parole di Papa Francesco
Durante l’incontro ci sono varie testimonianze: oltre a quella di una suora, di un sacerdote, di un catechista. L’Indonesia è un paese a maggioranza musulmana, il più popoloso del mondo. Ricordiamo che dei 280 milioni di abitanti, solo il 3% è cattolico. La Conferenza Episcopale Indonesiana è stata istituita nel 1987. Il suo attuale Presidente è Monsignor Antonius Franciskus Subianto Bunyamin.
“La Chiesa la portano avanti i catechisti, i catechisti sono coloro che vanno avanti, avanti…poi vengono le suorine, subito dopo i catechisti, poi ci sono i preti, i vescovi. Ma i catechisti sono al fronte, sono la forza della Chiesa. Una volta in uno di quei viaggi in Africa il Presidente della Repubblica mi ha detto che era stato battezzato dal suo papà catechista, la fede si trasmette a casa, la fede si trasmette in dialetto, e le catechiste insieme alle mamme e alle nonne portano avanti questo tema, i catechisti sono bravi”, dice il Papa a braccio subito dopo le testimonianze. “Tutti siamo fratelli e ognuno ha il suo compito per far crescere il popolo di Dio”, aggiunge Papa Francesco. “Fede, fraternità, compassione”. Sono queste poi le tre parole su cui riflette Francesco nel suo discorso ai presenti in Cattedrale.
Fede
“L’Indonesia è un grande Paese, con enormi ricchezze naturali, a livello di flora, di fauna, di risorse energetiche e di materie prime, e così via. Una ricchezza così grande potrebbe facilmente trasformarsi, letta con superficialità, in motivo di orgoglio e di presunzione, ma, se considerata con mente e cuore aperti, può essere invece un richiamo a Dio, alla sua presenza nel cosmo e nella nostra vita, come ci insegna la Sacra Scrittura. È il Signore, infatti, che dona tutto questo. Non c’è un centimetro del meraviglioso territorio indonesiano, né un istante della vita di ognuno dei suoi milioni di abitanti che non sia dono suo, segno del suo amore gratuito e preveniente di Padre”.
Fraternità
“Vivere la fraternità, allora, vuol dire accogliersi a vicenda riconoscendosi uguali nella diversità – dice il Papa riferendosi al fatto che l’Indonesia è davvero ricca di etnie e culture – questo è importante, perché annunciare il Vangelo non vuol dire imporre o contrapporre la propria fede a quella degli altri, ma donare e condividere la gioia dell’incontro con Cristo, mano nella mano…”.
“È importante cercare di arrivare a tutti, come ci ha ricordato Suor Rina, con l’auspicio di poter tradurre in Bahasa Indonesia, oltre ai testi della Parola di Dio, anche gli insegnamenti della Chiesa, per renderli accessibili a più persone possibile”, commenta il Papa riferendosi ad una delle testimonianze.
“E lo ha evidenziato anche Nicholas, descrivendo la missione del catechista con l’immagine di un ponte che unisce. Questo mi ha colpito, e mi ha fatto pensare allo spettacolo meraviglioso, nel grande arcipelago indonesiano, di migliaia di ponti del cuore che uniscon tutte le isole, e ancora di più a milioni di tali ponti che uniscono tutte le persone che vi abitano! Ecco un’altra bella immagine della fraternità: un ricamo immenso di fili d’amore che attraversano il mare”, aggiunge Papa Francesco.
Compassione
Infine la parola compassione, che è “molto legata alla fraternità”, “condividere i sentimenti”. “Vuol dire anche abbracciarne i sogni e desideri di riscatto e di giustizia, prendersene cura, farsene promotori e cooperatori, coinvolgendo anche altri, allargando la rete e i confini in un grande dinamismo espansivo di carità. Questo non vuol dire essere comunista, vuol dire carità e amore. La compassione non offusca la visione reale della vita, anzi, ci fa vedere meglio le cose, nella luce dell’amore, con gli occhi del cuore”, dice il Papa.
L’incontro con i giovani di Scholas Occurrentes nella Casa della Gioventù “Grha Pemuda”
Scholas Occurrentes, un movimento educativo internazionale lanciato a livello globale nel 2013 da Papa Francesco, continua ad espandere la sua missione di trasformare la vita dei giovani attraverso metodologie educative innovative che incorporano tecnologia, sport e arti. E lo fa anche in Indonesia. Durante il viaggio più lungo del suo pontificato, Papa Francesco dedica un’ora ai giovani di Scholas Occurrentes e lo fa nella Casa della Gioventù Grha Pemuda a Giakarta.
La Casa, che si trova nella zona della Cattedrale, ha un significato importante per l’Indonesia, in quanto ha ospitato il primo Congresso della Gioventù Indonesiana del 1928. Grha Pemuda, nata nel 1914 su iniziativa di P. Johanes van Rijckervorsel, è utilizzata per la formazione dei giovani in vari ambiti, poiché essi rappresentano il futuro della Chiesa e della nazione.
Il Papa viene accolto nel cortile antistante la Casa della Gioventù dalle autorità di Scholas Occurrentes e da 100 bambini dell’Arcidiocesi di Jakarta. Due bambini gli offrono un dono, mentre gli altri intonano un canto.
Il Papa raggiunge la Sala Saint Mathias and Saint Tadeus, dove incontra i partecipanti al progetto “Scholas Aldeas”. Infine, il Papa si reca al 4° piano dove, dopo un breve colloquio con alcuni studenti, completa l’opera del poliedro realizzato dai giovani posizionando il pezzo finale. Nel colloquio il Papa parla ai giovani della concretezza del fare, consiglia loro di non essere schizzofrenici, ma di avere unità. Per il Pontefice bisogna essere in armonia con la testa, il cuore e le mani. “Quando ci sono le guerre c’è armonia?”, chiede il Papa.
Il Pontefice elenca poi alcuni principi per la pace: la realtà è superiore all’idea, l’unità è superiore al conflitto, tutto è superiore alla parte.
“La vita va vissuta nelle differenze. Se tutti fossimo uguali questo sarebbe una noia. Nelle differenze scegliamo la strada del dialogo, non la guerra. Stiamo attenti a questo. Facciamo la politica della mano tesa, discutiamo ma insieme”, commenta Papa Francesco.
Un comunicato di Scholas Occurrentes racconta il progetto presentato al Papa. “Il Progetto Poliedro del Cuore mira a creare una scultura che simboleggi il cuore dell’Indonesia, riflettendo la ricca diversità culturale del paese. Ogni faccia del poliedro racconta le storie dei suoi partecipanti, combinando educazione, arte e tecnologia per simboleggiare come ogni individuo contribuisca a una comunità globale più vibrante e significativa. Quest’opera simboleggia come ogni individuo contribuisca a una comunità globale più dinamica e significativa. L’opera d’arte, che rappresenta il motto nazionale dell’Indonesia, “Bhinneka Tunggal Ika” (Unità nella Diversità), coinvolge un totale di 1.500 partecipanti. Ciò include individui del programma educativo a Giacarta, partecipanti ai laboratori a Bali, Lombok e Labuan Bajo, e detenuti di tre strutture carcerarie, comprese quelle per giovani detenuti, donne e uomini”, si legge nella nota ufficiale.
Papa Francesco aggiunge un oggetto personale a questo poliedro, rafforzando la connessione tra arte, tecnologia e comunità. Poi durante l’incontro viene anche piantato un albero, una pianticella di mangrovia.
Il Papa impartisce una benedizione che dice essere valida “per tutte le religioni”. “Dio benedica i vostri desideri e le vostre famiglie, il vostro presente e futuro”, queste le parole del Pontefice.
Infine Francesco torna in Nunziatura. A Goakarta sono quasi le 20 di sera e la giornata può dirsi conclusa.