“La comunità cristiana esca dai pregiudizi”. Lo ha detto il Papa, ricevendo in udienza i Vescovi italiani al termine della 77esima Assemblea generale che si è svolta in Vaticano in questi giorni. Bergoglio, parlando in particolare ai partecipanti all’Incontro Nazionale dei Referenti diocesani del Cammino Sinodale Italiano, ha affidato alcune consegne: ” Continuate a camminare. Mentre cogliete i primi frutti nel rispetto delle domande e delle questioni emerse, siete invitati a non fermarvi. La vita cristiana è un cammino. Continuate a camminare, lasciandovi guidare dallo Spirito. Al Convegno ecclesiale di Firenze indicavo nell’umiltà, nel disinteresse e nella beatitudine tre tratti che devono caratterizzare il volto della Chiesa, il volto delle vostre comunità. Una Chiesa sinodale è tale perché ha viva consapevolezza di camminare nella storia in compagnia del Risorto, preoccupata non di salvaguardare sé stessa e i propri interessi, ma di servire il Vangelo in stile di gratuità e di cura, coltivando la libertà e la creatività proprie di chi testimonia la lieta notizia dell’amore di Dio rimanendo radicato in ciò che è essenziale”.
Le parole di Bergoglio
“Una Chiesa appesantita dalle strutture, dalla burocrazia, dal formalismo – ha avvertito – faticherà a camminare nella storia, al passo dello Spirito, incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo. La seconda consegna è questa: fare Chiesa insieme. È un’esigenza che sentiamo di urgente, oggi, sessant’anni dopo la conclusione del Concilio Vaticano II. Infatti, è sempre in agguato la tentazione di separare alcuni ”attori qualificati” che portano avanti l’azione pastorale, mentre il resto del popolo fedele rimane ‘solamente recettivo delle loro azioni’. La Chiesa è il santo Popolo fedele di Dio e in esso, ‘in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro è diventato discepolo missionario’. Questa consapevolezza deve far crescere sempre più uno stile di corresponsabilità ecclesiale: ogni battezzato è chiamato a partecipare attivamente alla vita e alla missione della Chiesa, a partire dallo specifico della propria vocazione, in relazione con le altre e con gli altri carismi, donati dallo Spirito per il bene di tutti”.
Tutti si devono sentire a casa
“Abbiamo bisogno di comunità cristiane nelle quali si allarghi lo spazio, dove tutti possano sentirsi a casa, dove le strutture e i mezzi pastorali favoriscano non la creazione di piccoli gruppi, ma la gioia di essere e sentirsi corresponsabili. Mai senza l’Altro con la ”A” maiuscola, – ha scandito – mai senza gli altri con cui condividere il cammino. Questo vale per i Vescovi, il cui ministero non può fare a meno di quello dei presbiteri e dei diaconi;
e vale anche per gli stessi presbiteri e diaconi, chiamati a esprimere il loro servizio all’interno di un noi più ampio, che è il presbiterio. Ma questo vale anche per l’intera comunità dei battezzati, nella quale ciascuno cammina con altri fratelli e altre sorelle alla scuola dell’unico Vangelo e nella luce dello Spirito”. Bergoglio ha affidato ai Vescovi una terza consegna: “Essere una Chiesa aperta. A volte si ha l’impressione che le comunità religiose, le curie, le parrocchie siano ancora troppo autoreferenziali. Sembra che si insinui, un po’ nascostamente, una sorta di ”neoclericalismo di difesa”, generato da un atteggiamento timoroso, dalla lamentela per un mondo che non ci capisce più, dal bisogno di ribadire e far sentire la propria influenza. Il clericalismo è una perversione. Il vescovo clericalista è un perverso. Il Sinodo ci chiama a diventare una Chiesa che cammina con gioia, con umiltà e con creatività dentro questo nostro tempo, nella consapevolezza che siamo tutti vulnerabili e abbiamo bisogno gli uni degli altri. Prendere sul serio la parola vulnerabilità!”.
Una Chiesa inquieta
Francesco ha confidato ai Vescovi di essere rimasto colpito dalla domanda del cappellano di un carcere italiano, che gli chiedeva come far sì che l’esperienza sinodale vissuta in una casa circondariale possa poi trovare un seguito di accoglienza nelle comunità: “Su questa domanda inserirei un’ultima consegna: essere una Chiesa ”inquieta” nelle inquietudini del nostro tempo. Siamo chiamati a raccogliere le inquietudini della storia e a lasciarcene interrogare, a portarle davanti a Dio, a immergerle nella Pasqua di Cristo. Grande nemico di questo cammino è la paura. Formare dei gruppi sinodali nelle carceri vuol dire mettersi in ascolto di un’umanità ferita, ma, nel contempo, bisognosa di redenzione. Per un detenuto, scontare la pena può diventare occasione per fare esperienza del volto misericordioso di Dio, e così cominciare una vita nuova. E la comunità cristiana è provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza, e spezzare con loro il pane della Parola di Dio”.