“Gesù ci parla nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi, e in ogni dono fatto a loro c’è un riflesso dell’amore di Dio”, ha detto oggi Papa Francesco, ricevendo in udienza in Vaticano i capitoli generali di quattro ordini religiosi, maschili e femminili e soffermandosi sul tema della carità. “E non dimentichiamo cosa succederà nel Giudizio finale – ha avvertito -: il Signore non ci domanderà: ‘Cosa hai studiato? Quante lauree hai avuto? Quante opere hai portato …?’. No, no: ‘Vieni, vieni con me – dirà il Signore – perché ho avuto fame e mi hai dato da mangiare, ho avuto sete e mi hai dato da bere; ero perseguitato e mi hai custodito'”.
Le parole del Papa
Secondo Francesco, “questo è il tema dell’esame finale sul quale noi saremo giudicati. Qui sta la luce per il nostro cammino e anche qui c’è l’antidoto efficace per vincere, in noi e attorno a noi, la cultura dello scarto: per favore, non scartare la gente, non selezionare la gente con criteri mondani: quanto sono importanti, quanti soldi hanno… Questi criteri mondani: fuori! Non scartare, ma ricevere, abbracciare tutti, amare tutti”. “Questa cultura viene dall’individualismo, dalla frammentazione, che purtroppo domina i nostri tempi”, ha aggiunto il Pontefice.
Il Papa nella Sala Clementina, parlava ai partecipanti capitoli generali della Società delle Divine vocazioni (padri vocazionisti), delle Suore della Presentazione di Maria Santissima al tempio, della Società del Sacro Cuore e delle Suore domenicane missionarie di San Sisto, e si è soffermato anche sui temi del discernimento e della formazione. “Il nostro mondo ha tanto bisogno di riscoprire il gusto e la bellezza di decidere, specialmente per quanto riguarda le scelte definitive, che determinano una svolta decisiva nella vita, come quella vocazionale”, ha spiegato. “Ha bisogno, perciò, di padri e di madri che aiutino, specialmente i giovani, a comprendere che essere liberi non è rimanere eternamente davanti ad un bivio, facendo piccole ‘scappatine’ a destra e a sinistra, senza mai imboccare veramente una strada”.
essere liberi significa scommettere
Per il Pontefice, “essere liberi significa scommettere – scommettere! – su un cammino, con intelligenza e prudenza, certo, ma anche con audacia e spirito di rinuncia, per crescere e progredire nella dinamica del dono, ed essere felici, amando secondo il progetto di Dio”. Inoltre, “solo chi si riconosce umilmente e costantemente ‘in formazione’ può sperare di essere un buon ‘formatore’ o ‘formatrice’ per gli altri, e l’educazione, a qualsiasi livello, è sempre prima di tutto condivisione di percorsi e comunicazione di esperienze, in quella ricerca gioiosa della verità, ‘che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio’ (Cost. Ap. Veritatis gaudium, 1)”. “E per favore – ha aggiunto Francesco -, state attenti alle inquietudini del cuore, eh? ‘No, il mio cuore è tranquillo!’.Una cosa è stare in pace, e un’altra cosa è essere inquieti. Dobbiamo essere in pace, ma inquieti”. Anche in questo senso “la vostra missione è, oggi, decisamente profetica, in un contesto sociale e culturale caratterizzato dalla circolazione vorticosa e continua di informazioni, ma di contro drammaticamente povero di relazioni umane – ha concluso -. Urgono ai nostri tempi educatori che sappiano con amore farsi compagni e compagne di cammino per le persone loro affidate”.