Provengono da India, Giordania, Danimarca, Lussemburgo, Repubblica Democratica di São Tomé e Príncipe, Rwanda, Turkmenistan, Algeria, Bangladesh, Zimbabwe e Kenya gli undici ambasciatori straordinari e plenipotenziari presso la Santa Sede, non residenti, che questa mattina, 7 dicembre, hanno presentato a Papa Francesco le rispettive Lettere credenziali. Ecco il discorso che Papa Francesco ha tenuto di fronte a loro:
Eccellenze,
Sono lieto di darvi il benvenuto in Vaticano per la presentazione delle Lettere che vi accreditano come Ambasciatori Straordinari e Plenipotenziari presso la Santa Sede delle vostre rispettive Nazioni: India, Giordania, Danimarca, Lussemburgo, Repubblica Democratica di São Tomé e Príncipe, Rwanda, Turkmenistan, Algeria, Bangladesh, Zimbabwe e Kenya. Vi chiedo cortesemente di portare i miei deferenti saluti ai vostri Capi di Stato, uniti all’assicurazione delle mie preghiere per loro.
Come ben sapete, assumete le vostre nuove responsabilità in un momento critico per la diplomazia internazionale. Il nostro mondo è sempre più afflitto da problemi che riguardano l’intera famiglia umana e che richiedono un’azione concertata da parte di tutti coloro che si preoccupano per il futuro del nostro pianeta. Penso in particolare ai continui devastanti effetti del cambiamento climatico, che colpiscono soprattutto le nazioni in via di sviluppo e i membri più poveri della società; penso ai conflitti armati, che causano indicibili sofferenze a tanti nostri fratelli e sorelle; e alla condizione di innumerevoli migranti e rifugiati in fuga dalle loro terre d’origine, in cerca di un futuro migliore per le loro famiglie. Tali problemi non hanno una soluzione semplice, né possono essere risolti dall’impegno di una sola Nazione o di un piccolo gruppo di Stati. Ogni Paese deve avere voce in capitolo nell’affrontare queste sfide di interesse internazionale e nel formulare soluzioni globali e a lungo termine. In proposito, il paziente lavoro della diplomazia è della massima importanza.
Tra difficoltà, sconfitte, scontri armati e contrastanti rivendicazioni di essere dalla parte del diritto, la Comunità internazionale non può rinunciare al proprio dovere di ricercare la pace favorendo il dialogo, la riconciliazione, la comprensione reciproca, il rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona e popolo e delle esigenze del diritto internazionale. Con la sua presenza nel consesso delle Nazioni, la Santa Sede, conformemente alla sua specifica natura e missione, cerca di promuovere tale dialogo a servizio del bene comune, senza perseguire obiettivi politici, commerciali o militari; attraverso la sua “positiva neutralità” – non dico “neutralità”, dico “positiva neutralità” – essa mira a contribuire alla risoluzione dei conflitti e di altre questioni evidenziandone l’intrinseca dimensione etica.
La storia ci ha dimostrato che si possono fare molti progressi nella risoluzione di situazioni apparentemente insolubili attraverso discreti, pazienti e persistenti sforzi diplomatici, ispirati al rispetto reciproco, alla buona volontà e alla convinzione morale. Una volta ho sentito dire che il mestiere del diplomatico è come il ballo del minuetto: piccoli passi per fare un’armonia. Di fatto, molti degli attuali problemi globali sono di lunga data e ciò, invece di scoraggiarci, deve spingerci a cercare soluzioni nuove e innovative.
In questi giorni, mentre l’anno vecchio volge al termine e attendiamo l’alba del nuovo, siamo invitati a guardare al futuro con speranza, «come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé» (Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 Spes non confundit, 1). Il 24 dicembre inaugurerò l’Anno Giubilare della Chiesa 2025 aprendo la Porta Santa della Basilica di San Pietro. Il messaggio principale del Giubileo è proprio quello della speranza. Mentre la Chiesa si avvia in un pellegrinaggio di rinnovata speranza nel potere di Cristo risorto di fare nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5), incoraggio i membri della Comunità diplomatica accreditata presso la Santa Sede a continuare a lavorare con coraggio e creatività alla promozione di legami di amicizia, cooperazione e dialogo a servizio della pace. La vostra attività, spesso discreta e nascosta, aiuterà a spargere i semi di un futuro di speranza per il nostro mondo stanco della guerra.
Cari Ambasciatori, mentre iniziate la vostra missione presso la Sede Apostolica, porgo a ciascuno di voi, nella preghiera, i miei auguri e vi assicuro che la Segreteria di Stato e gli altri Dicasteri e Uffici della Curia Romana sono pronti ad assistervi nell’adempimento dei vostri doveri. Su ciascuno di voi, sui vostri cari e sui vostri collaboratori invoco abbondanti benedizioni divine. Grazie!
In Chiesa c’è posto per tutti, specialmente per i peccatori
In attesa dell’inaugurazione prevista per oggi pomeriggio, papa Francesco ha ricevuto e salutato stamane in Vaticano la delegazione di Grado, in Friuli Venezia Giulia, dal cui territorio proviene la rappresentazione della Natività posta quest’anno al centro di Piazza San Pietro, e quella di Ledro, in Trentino dai cui boschi è giunto l’imponente abete rosso che vi campeggia con i suoi 29 metri di altezza.
Tra le autorità civili ed ecclesiali presenti, il presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, il presidente della Provincia di Trento, l’arcivescovo di Gorizia, i sindaci di Grado e di Ledro, ma anche i rappresentanti speciali del presidente di Palestina, Mahmoud Abbas (“è venuto molte volte!”, ha sottolineato il Papa), venuti per l’inaugurazione del una “Natività” nell’Aula Paolo VI realizzata dagli artigiani di Betlemme.
“Colpisce la maestosa solennità dell’albero – ha commentato il Pontefice -. Esso, tagliato nel rispetto dei principi ecologici del ricambio naturale del bosco, porta i segni di molti anni, le numerose stratificazioni del tronco massiccio, le vecchie che hanno dato vita alle giovani, le giovani che hanno avvolto e protetto le vecchie, tutte che salgono insieme verso l’alto”. “Può essere una bella immagine della Chiesa – ha proseguito -, popolo e corpo, da cui la luce di Cristo si diffonde nel mondo proprio grazie al succedersi di generazioni di credenti che si stringono attorno all’unica origine, Gesù: le antiche hanno dato vita alle giovani, le giovani abbracciano e proteggono le antiche, in missione nel mondo e in cammino verso il Cielo. Così va avanti il santo popolo fedele di Dio”.
“All’ombra del grande abete, poi – ha detto ancora il Pontefice -, il Presepe riproduce un ‘casone’ della Laguna gradese, una di quelle case di pescatori che venivano costruite con fango e canne e dove gli abitanti delle ‘mote’, le piccole isolette lagunari, condividevano, durante il duro lavoro della pesca, le gioie e i dolori della vita di ogni giorno”. Anche questo simbolo “ci parla del Natale, in cui Dio si fa uomo per aver parte fino in fondo alla nostra povertà, venendo a costruire il suo Regno sulla terra non con mezzi potenti, ma attraverso le deboli risorse della nostra umanità, purificate e fortificate dalla sua grazia”.
Circa il Presepe, ha voluto evidenziare anche che i “casoni” sono circondati dall’acqua e per andarci “ci vuole la ‘batela’, la tipica imbarcazione a fondo piatto che permette di spostarsi sui fondali bassi”.
“E anche per giungere a Gesù – ha aggiunto – ci vuole una barca: la Chiesa è la barca. Non lo si raggiunge ‘in solitaria’, ma insieme, in comunità, su quel piccolo-grande battello che Pietro continua a guidare e a bordo del quale, stringendosi un po’, c’è sempre posto per tutti”.
“Nella Chiesa c’è sempre posto per tutti – ha concluso Francesco – Qualcuno potrebbe chiedere: anche per i peccatori? Soprattutto per per i peccatori! Loro sono i privilegiati, Gesù è venuti per i peccatori. Nella Chiesa c’è posto per tutti”.
Il concerto per i poveri
“Questo Concerto con i Poveri che oggi eseguirete è un bel segno dell’armonia sinodale, soprattutto perché avviene in comunione con i nostri fratelli e le nostre sorelle più fragili, invitati a far parte di questa stupenda sinfonia dell’amore che è il Vangelo. Questi nostri amici, stasera, potranno assistere al concerto nel migliore dei modi, come protagonisti; perché la bellezza è un dono di Dio per tutti gli esseri umani, accomunati dalla stessa dignità e chiamati alla fraternità”. Lo ha detto papa Francesco ricevendo stamane in udienza i promotori e gli artisti del Concerto con i poveri, che avrà luogo questo pomeriggio alle 17.30 nell’Aula Paolo VI.
Oltre a mons. Mario Frisina, direttore artistico dell’evento, e l’Orchestra Nova Opera, che cura anche l’organizzazione, il Pontefice ha salutato e ringraziato gli ospiti speciali del concerto: il maestro Hans Zimmer, tra i massimi compositori per il cinema di oggi, due volte Premio Oscar, la violoncellista Tina Guo, l’altro compositore Dario Vero, l’attrice e cantante Serena Autieri.
“Un concerto è una bella parabola dell’armonia sinodale che la Chiesa si sta impegnando a vivere più pienamente – ha sottolineato Francesco -. Infatti ogni partitura musicale unisce strumenti e voci differenti, ognuno con la propria parte, col suo timbro, la sua sonorità. Ciascuno nell’orchestra esegue il proprio spartito ma deve armonizzarsi con gli altri, generando così la bellezza della musica”.
“Tutti voi – ha proseguito – avete scelto di esserci, di partecipare a questo evento con persone che hanno bisogno, che ogni giorno fanno fatica ad andare avanti. E questa vostra scelta genera un segno di speranza. È ciò che si propone anche il prossimo Giubileo: generare segni di speranza, a partire dalla sorgente dell’amore che è il Cuore di Gesù”.
E secondo il Papa, “senza la collaborazione di tutti non si può realizzare una vera sinfonia. Soltanto da un concerto di persone diverse scaturisce ‘armonia che edifica e conforta tutti”. “Similmente la Chiesa – ha aggiunto -, chiamata ad essere nel mondo segno e strumento di comunione e fraternità, deve realizzare nel cuore dell’umanità un meraviglioso e consapevole canto d’amore a Dio e ai fratelli”.
Foto: Vatican Media