“La famiglia è il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte sia quelle accoglienti, perché è la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona”. Lo ha sottolineato il Papa, ricevendo in udienza la Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi.
Guardare i ragazzi con gli occhi di Gesù
Il Pontefice, in particolare, si è soffermato sull’esperienza delle ‘case famiglie’ “nate dalla mente e dal cuore di don Oreste Benzi. Lui era un prete che guardava i ragazzi e i giovani con gli occhi di Gesù, con il cuore di Gesù. E stando vicino a quelli che si comportavano male, che erano sbandati, ha capito che a loro era mancato l’amore di un papà e di una mamma, l’affetto dei fratelli. Allora Don Oreste, con la forza dello Spirito Santo e il coinvolgimento di persone a cui Dio dava questa vocazione, ha iniziato l’esperienza dell’accoglienza a tempo pieno, della condivisione della vita”.
La casa famiglia
“Da lì – ha osservato Bergoglio- è nata quella che lui ha chiamato “casa famiglia”. Un’esperienza che si è moltiplicata, in Italia e in altri Paesi, e che si caratterizza per l’accoglienza in casa di persone che diventano realmente i propri figli rigenerati dall’amore cristiano. Un papà e una mamma che aprono le porte di casa per dare una famiglia a chi non ce l’ha. Una vera famiglia; non un’occupazione lavorativa, ma una scelta di vita. In essa c’è posto per tutti: minori, persone con disabilità, anziani, italiani o stranieri, e chiunque cerchi un punto fermo da cui ripartire, una famiglia in cui ritrovarsi”.
Le parole di Papa Francesco
“Sapete, ci sono dei segni che fanno capire quando una persona viene accolta con amore, quando un bambino, una bambina, un ragazzo, una ragazza, ma anche una persona grande, di qualsiasi eta’ viene guardata con lo sguardo di Dio, viene accolta con amore. Quali sono questi segni? Ce ne sono diversi, ma ne scelgo uno: il sorriso”. Ha detto papa Francesco rivolgendo il suo discorso ai bambini e ai ragazzi della Comunita’. “Ho visto che l’avete detto anche voi, piu’ di una volta, raccontando le vostre storie – ha sottolineato il Pontefice -: ‘Quel bambino o quella bambina ha dei problemi, pero’ e’ sempre sorridente…’. Come mai? Perche’ si sente amato, amata, si sente accolto, accolta, cosi’ com’e’. Quando un bimbo appena nato sta in braccio alla sua mamma, che lo guarda e gli sorride, incomincia a sorridere. Il sorriso e’ un fiore che sboccia nel calore dell’amore”. “Cari bambini e ragazzi, nelle vostre storie, e anche nelle vostre domande, risalta un’esperienza che molti di voi avete in comune – ha proseguito Francesco -: l’esperienza della casa famiglia. Oggi, qui con voi, voglio sottolineare che le ‘case famiglie’ sono nate dalla mente e dal cuore di Don Oreste Benzi”.
L’esperienza di Don Benzi
“Allora Don Oreste, con la forza dello Spirito Santo e il coinvolgimento di persone a cui Dio dava questa vocazione – ha rievocato il papa -, ha iniziato l’esperienza dell’accoglienza a tempo pieno, della condivisione della vita; e da li’ e’ nata quella che lui ha chiamato ‘casa famiglia’”. “Un’esperienza che si e’ moltiplicata, in Italia e in altri Paesi, e che si caratterizza per l’accoglienza in casa di persone che diventano realmente i propri figli rigenerati dall’amore cristiano – ha osservato -. Un papa‘ e una mamma che aprono le porte di casa per dare una famiglia a chi non ce l’ha. Una vera famiglia; non un’occupazione lavorativa, ma una scelta di vita”. “In essa c’e’ posto per tutti: minori, persone con disabilita’, anziani, italiani o stranieri, e chiunque cerchi un punto fermo da cui ripartire, una famiglia in cui ritrovarsi – ha concluso Bergolio -. La famiglia e’ il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte sia quelle accoglienti, perche’ e’ la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona”.