Il giorno che, lassù, la Trinità decise che uno di loro, prima o poi, avrebbe fatto le valigie per farsi uomo, calcolò anche il rischio che avrebbero corso: “E se, facendosi uomo, diventasse così simile agli uomini da non riconoscerlo?” si chiesero, senza preoccupazione ma con grande serietà visto la posta in gioco. Erano tutti e tre esperti d’investimenti: prima di mettersi in moto, dunque, fecero un preventivo di spesa, «per evitar che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo» (Lc 14,29). Ad avvisare i nostri padri, quando ancora tutto pareva calmo, furono i profeti, gente mandata allo sbaraglio a pronunciare parole che nessun umano avrebbe potuto accettare senza prima rifiutarsi d’ascoltarle: “Convertitevi o perirete! Preparatevi o perdete il treno. Ma non sentite l’autista del pulmino che suona?” Finirono com’era ovvio che finissero: i più inascoltati e dileggiati, qualcuno pure squartato e arso vivo. Uomini, donne, bambini, senza distinzione: tutti colpevoli di avere indicato una strada quand’era di moda andar a zonzo in giro per le città. Più che confusione, era la semplice paura di prendere una decisione. D’imboccare una direzione.
Giovanni Battista
L’ultimo, in ordine di tempo, fu Giovanni Battista: credette così tanto in ciò che sperava – che, davvero, arrivasse il Messia a salvare lui e la sua umanità – da vederselo non solo apparire davanti ma da ricevere, giusto in quell’istante, la grazia della lucidità. La lucidità di riconoscere ch’era Lui: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» Nacque lì, agli inizi della storia cristiana, il dilemma che ancora oggi arrovella le menti di chi crede e di chi, di credere, non ha ancor pensato: “Ma senza Giovanni, quella gente l’avrebbe riconosciuto lo stesso? Oppure si sarebbero perduti l’occasione d’incontrarlo?” Nulla, dentro i Vangeli, ha una forza d’urlo quanto il non detto, quanto ciò che i Vangeli fanno intuire senza che si pronunci la più minuta delle parole. Pare ovvio, dunque, che se a Giovanni il cuore dice di puntar il dito a mò d’indicazione, quella fosse una delle ragioni per cui era venuto al mondo: non per essere lui il Messia – era così d’un pezzo, comunque, che quasi la gente lo aveva confuso! – ma per aiutare la gente a riconoscerlo. È dagli inizi che il cristianesimo corre il medesimo rischio: se Cristoddìo è l’occasione delle occasioni, resterà a repentaglio come tutte le grandi occasioni. Ci sarà chi rimpiangerà di non avere mai avuto l’occasione di incontrarlo, chi rimpiangerà di non aver saputo cogliere l’occasione d’incontrarlo quando ce l’ha avuta, chi rimpiangerà di non averlo saputo riconoscere quando gli è passato terribilmente accanto da sembrargli persino incredibile fosse Lui.
Le parole strepitose
Ha (tanta) voglia, dunque, il mondo intero a dire che Cristo va incontrato di persona: che non si va in chiesa per il prete, che si può credere anche senza la Chiesa, che la liturgia è soltanto passione d’antiquariato. Che i poveri puzzano e non servono granchè ai fini della salvezza. Per costoro, insomma, Giovanni è poco più che un orpello, un arredamento del Cristo che “ha sistemato” il parente disoccupato. Quand’invece quest’uomo così rude d’apparirti essenziale all’osso rilancia, ancora oggi, la grande sfida cristiana: allenare gli occhi a riconoscere la presenza di Cristo nel mondo per poi aiutare il mondo a riconoscere Cristo nella storia che meno ha l’aspetto d’esser abitazione del Cristo. Abbiam tutti bisogno di qualcuno che, beccandoci in strada per Betlemme, ci faccia da stella cometa per non andare a campi. Per non finire vittime del luccichìo di Erode che, furbo, adora confondere le lucciole per lanterne. Giovanni, invece, è di tutt’altra pasta: «Ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». Poi, una volta indicato l’Uomo, si tira in disparte: sa già che dovrà diminuire perchè l’Amico cresca. Ma, nell’attimo del passaggio, tutti i riflettori restano fissi sul suo dito puntato: «Ecco l’agnello di Dio». Parole strepitose da ripetersi nell’eucaristia: «Beati gli invitati alla cena del Signore». Alla faccia di chi narra che a Cristo ci si arriva da soli. (Sulla strada di Emmaus).