La sentenza 33 della Corte Costituzionale depositata solo qualche giorno fa ha suscitato un grande clamore mediatico. L’attenzione si è concentrata sull’apertura ai single della possibilità di adottare un bambino straniero, ma altro avrebbe dovuto saltare all’occhio. La prima evidenza è che di nuovo una sentenza modifica il mondo dell’adozione come avvenuto per l’adozione aperta. È questo un metodo poco consono a una materia che richiederebbe concertazione, condivisioni di pareri, di esperienze, di professionalità. Si parla della vita di bambini già travolti dallo tsunami dell’abbandono, della guerra, degli abusi a cui abbiamo la responsabilità di garantire un futuro possibile.
La seconda evidenza è che, in nome della libertà di autodeterminazione della persona (art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo), per trovare un equilibrio tra due diritti si comprime quello del minore ad avere una mamma e un papà. La giurisprudenza ha dato la sua risposta, ma rimane il dubbio che il diritto da sostenere sarebbe stato quello del più debole e come prevede l’Art. 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ratificata dall’Italia (legge 176/91), «l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente».Fermo restando il fatto che per ogni bambino la cosa migliore sia crescere con la propria famiglia e, quando non possibile, con una mamma e un papà che lo accolgano, soddisfare il desiderio generoso di tanti single e pensare che questo possa aumentare il numero di adozioni crollato negli ultimi 10 anni è ingenuo.
Sono ancora troppe le coppie in carico agli enti autorizzati che aspettano di incontrare il loro figlio dopo aver già atteso un tempo che va ben oltre quelli previsti dalla normativa solo per arrivare a quel punto dell’iter. Non sarebbe più corretto garantire a ogni bambino una mamma e un papà cercando di chiudere l’adozione per le migliaia di coppie ora già idonee? Facilitare l’iter sicuramente invoglierebbe altre coppie, ora demotivate. E ancora, anche tenendo conto dei possibili rimborsi, è equo che una coppia debba sostenere costi per molti proibitivi fino alla rinuncia? Eppure per altre forme di genitorialità esiste la gratuità. Non è questo discriminante e lesivo della libertà di autodeterminazione della persona? Esistono belle esperienze di adozione internazionale da parte di single realizzate a seguito di una relazione duratura e significativa con il ragazzo. Stessa cosa succede per i cosiddetti “casi particolari” (Art. 44 della 184/83) nella nazionale. Il fatto che la sentenza 33 parli di possibilità “in astratto” per i single fa presumere che i giudici richiederanno condizioni particolari oltre all’idoneità. Ce lo auguriamo per un equo riconoscimento dei diritti di tutti, soprattutto dei bambini senza una mamma e un papà.