Il Sinodo sulla sinodalità, che si è aperto mercoledì in Vaticano e durerà per tre settimane, suscita tante speranze quanto timori tra i cattolici. Prima di iniziare i loro scambi sul futuro della Chiesa, i 364 partecipanti al Sinodo hanno preso alcuni giorni di ritiro spirituale. Ma all’esterno, i coltelli si stanno già affilando. Una manciata di oppositori di Papa Francesco gli ha rivolto una lista di domande trappole: sì o no, la dottrina sarà modificata?
Il Sinodo
Come ha risposto loro il Papa non senza umorismo, la loro interpellazione in se stessa riflette questo spirito di dibattito che cerca di introdurre nella sua Chiesa. Ma un dibattito aperto, costruttivo, che diventa in qualche modo un metodo per aiutare la Chiesa cattolica a situarsi in un mondo complesso, spinto e che la sconvolge. Tutta la difficoltà, per gli organizzatori di questo grande raduno che durerà tre settimane quest’anno e tanto l’anno prossimo, sarà quella di condurlo o meglio di animarlo. Affinché non si riduca a una successione di opinioni decise, disconnesse dalla realtà, caratteristiche di questo spirito di “ideologia” che Francesco aborrisce, né all’ennesimo scontro tra sostenitori della tradizione e difensori del suo rinnovamento.
Umiltà
Per questo, i 364 uomini e donne, laici, sacerdoti o vescovi, che si sono chiusi in Vaticano per riflettere sul futuro della Chiesa, non devono arrivarci come portavoce di un campo, ma con umiltà di fronte all’immensità delle sfide che si aprono. Se accettano di testimoniare semplicemente e in verità i loro dubbi, le loro speranze o le loro preoccupazioni, di ascoltarsi a vicenda, allora questo Sinodo non sarà inutile. Il segreto imposto dal Papa intorno ai loro scambi – così difficilmente comprensibile in una tale occasione – è forse la condizione per farli uscire dalle loro posture. (Anne-Bénédicte Hoffner per La Croix).