Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Le riflessioni
Da questa anticipazione, il Beato trae una conseguenza, questa sì, «romanzesca»: Maria avrebbe convocato, dai lontani Paesi in cui operavano, gli apostoli, per sentire dalla loro voce i progressi dell’evangelizzazione e per dare loro particolari ammonimenti e sciogliere eventuali dubbi.
Mi dà a credere che Maria conferisse con il santo apostolo come l’unigenito suo figliolo gli aveva rivelato che doveva morire e puoi assendere al cielo in corpo e anima; e non è da dubitare che sapeva morire il giorno e l’ora. Li santi apostoli erano in tutte le parte del mondo a predicare lo Evangelio santo. Questa gran Madre amava teneramente questi suoi figlioli: desiderava vedergli avanti salisse al cielo. Ove levando la mente sua a Dio, li dimandò grazia che racogliesse li suoi cari e amati figli, facendogli venire acciò li vedesse avanti salise al cielo. Ove quell’eterno e increato Dio che sepe de niente creare li cieli, la terra, congregò li santi apostoli, facendogli a due a due comparire avanti la sua diletta Madre. (Selva, 298).
Le parole di Tommaso da Olera
E anche questo.
Mi dà a credere che il primo che entrase alla santa Vergine fusse quel glorioso vecchio del prencipe delli apostoli; e così de mano in mano comparvero questi apostoli avanti la sua Signora. O Dio, o Dio, e chi potrà già mai racontare l’alegrezza delli santi apostoli vedendosi tutti avanti alla gran Madre di Dio! E qual lingua potrà racontare la alegrezza della Vergine! Oh con quanta pietà, carità, amore li ricevé! Rimirava ora uno ora l’altro, parlava ora uno ora l’altro, li abbraciava, li acarezava, li dimandava: «Come, figlioli miei dilettissimi, passa la fede del mio figliolo per il mondo?». Ognuno racontava la conversione de città, de prencipi, province, de’ popoli: chi mostrava alla santa Vergine chi una ferita, chi piaghe, chi racontava un travaglio, chi persecuzione patite per lo Evangelio. La santa Vergine li ascoltava, li compativa, li consolava, li faceva animo, li vedeva in faccia estinuati, scalzi, afflitti; piangeva la santa Vergine di tenerezza in veder li suoi amati figli, godeva in sentire il progresso del santo Evangelio. (Selva, 298).
L’Annuncio della Vergine
La Vergine annuncia loro la sua prossima dipartita.
E mentre questi santi apostoli gioivano, si consolavano con la sua cara maestra, Maria, nostra Signora e patrona, cominciò a parlare, manifestando alli santi apostoli come il suo filio e lor maestro la chiamava alla eterna gloria, cavandola da questa terra mortale a quella eterna gloria per coronarla facendola regina del cielo e della terra. Ove questa Deifera per grazia confortava li santi apostoli che ancor essi dovessero conformarsi con la voluntà di Dio e che non li averiano mai abbandonati in niun tempo, e se li era stata fidel madre e avocata in terra, molto più li saria in cielo gloriosa appresso Dio. Ove, sentendo li apostoli santi come era venuto il tempo che la Madre di Dio sua Signora doveva lasciargli, si cangiò le alegrezze in tristezze e in lacrime. Oh quanti clamori, oh quanti sospiri, oh che lamenti favano avanti la nostra Signora! «E perché così presto, o nostra speranza, o nostra guida, ci volete lasciare? E ove ricorreremo nei nostri concilli?»; ove si ramaricavano. Ma perché erano uomeni santi pieni dello Spirito Santo, si conformorno con la voluntà di Dio, ralegrandosi della propinqua gloria de quella donna, vera Madre di Dio, che tanti affani aveva patito in questo mondo. Ed essendo amaestrati dalla santa Vergine, tutti giubilosi stavano a vedere il beato e felice transito della sua cara e amata Madre. Parmi veder questa gran donna senza dolori, ma dolori di giubilo, di alegrezza, stava ad aspettando la venuta di Dio, si bene fu sempre presente: stava in atto maestoso e riverendo, rimirava il cielo che fra poco doveva salire, vedeva la luna che doveva calpestrare, vedeva il sole di giustizia, vedeva le stelle che doveva esser coronata, vedeva l’apparechio delli angeli per discendere a ricever quella che doveva esser la lor regina. (Selva, 299)
Ecco la vera fede, il vero abbandono alla volontà di Dio: ciò che subito addolora si volge rapidamente in giubilo, appena la debolezza umana si rende conto che non deve guardare a ciò che perde, ma a quello che è il disegno di Dio che, essendo infallibile e giusto, non può che disporre per il meglio i loro destini.
Gli avvenimenti successivi sono di nuovo, probabilmente, influenzati dalla Dormizione di Maria.
Li dimandavano dubi ed essa li risolveva; quando che, aprendosi il cielo, essendo venuta l’ora del transito di Maria, vene in quella santa casa lo eterno Verbo accompagnato dalla moltitudine celeste. Oh chi potrà mai raccontare il giubillo, la alegrezza della nostra Maria! Li santi apostoli erano tutti presenti e mi dà a credere che vedendo Dio li suoi amati disepoli li consolasse, facendosi vedere con quella pompa che ognuno si può immaginare. La moltitudine celeste adoravano la sua Signora, stupivano in veder la Madre di Dio. Era presente la gran Anna e Giovachino, padre e madre della Vergine, era il gran patriarca Giosepo sposo di Maria, erano li patriarchi: ora vedevano la lor figurata e li profeti vedevano la lor profetata e li angeli la loro desiderata. Ove, essendo venuto l’ora, il punto che Dio doveva spicar quella beata anima dal suo beato corpo, composero un cantico novo cominciando il maestro di capella Cristo nostro redentore, seguendo la moltitudine il cantico: quando che la nostra Signora, accorgendosi che per melodia quasi che era quella beata anima per uscire dal beato corpo, raccomandando gli suoi santi apostoli al suo figlio e tutti li credenti, ove l’eterno Dio li benedì. Il simile fece la Beata Vergine, ove finalmente dovendo uscire quella gloriosa Vergine dal suo beato corpo, non cessava di lodar, di benedire il suo amato figlio, il quale stava presente per ricever quella felice anima. Vedeva Maria quelle piaghe de mani e piedi e costato, che ognuna di esse facevano una gloria; cantavano li angeli, sonava Davit la sua citera cantando le lode di Maria e le profezie da lui profetate di questa gran donna. Stava Maria tutta giubilosa in altissime contemplazione quando lo eterno Verbo, destandola da quel soave sono per riceverla in sé, cominciò a intonare quel bel cantico: «Veni sposa mia [Ct, 4,8] Madre mia, da me sempre benedetta: ricevi ora la corona che ti ho preparata in eterno», repiliando le voci con giubillo e alegrezza. Uscì quella beata anima come candidissima columba fuori dell’arca, volò nella verdegiante oliva del suo amato filio restando quel corpo nelle mani delli santi apostoli. (Selva, 300)