Il rapporto tra il cinema e i Giubilei nella seconda metà del Novecento. Questo il tema al centro dell’intervento che monsignor Dario Edoardo Viganò, presidente del centro di ricerca CAST dell’Università telematica internazionale Uninettuno e della Fondazione Memorie audiovisive del cattolicesimo (MAC), tenuto qualche giorno fa, a New York, al meeting annuale organizzato dall’American Catholic Historical Association. Quattro gli appuntamenti giubilari presi in esame nella relazione di Viganò, svolta nel panel intitolato Media Jubilees: History of the Holy Years through Mass Media: il Giubileo del 1950 di Pio XII, quello postconciliare del 1975 di Paolo VI e, infine, i due indetti da Giovanni Paolo II nel 1983 e nel 2000. “Seppur molto diversi tra di loro – ha affermato Viganò – questi appuntamenti hanno rappresentato una tappa fondamentale nella relazione tra la Chiesa e i media di massa, amplificando la capacità di Roma di attirare i riflettori sul soglio petrino, ponendo il pontefice all’apice di un processo informativo che coinvolgeva gran parte dell’orbe cattolico e permettendo di raggiungere un ampio e interessato pubblico di fedeli-spettatori in ogni angolo del mondo”.
Cambio di paradigma
Un percorso lungo cinquant’anni, legato senz’altro a particolari contesti storico sociali, che via via evidenzia un tratto comune: “Un vero e proprio cambio di paradigma nella rappresentazione del sacro che certamente ebbe nell’audiovisivo un protagonista indiscusso”, ha sintetizzato Viganò. Un’ipotesi particolarmente evidente nel Giubileo del 2000. “Venne giustamente definito come il ‘primo Giubileo dell’era telematica’”, ha precisato Viganò sottolineando l’irrompere e l’ampio sfruttamento delle tecnologie informatiche che hanno permesso di modificare l’esperienza collettiva attraverso un coinvolgimento su larga scala di un ampio pubblico. All’inizio del millennio, il potere della televisione era enorme e certamente maggiore rispetto a quello del cinema. Eppure, Giovanni Paolo II aveva un forte interesse nei confronti del mondo cinematografico e nello stesso tempo godeva di un certo appeal legato anche ai suoi numerosi gesti che l’hanno posto al centro dell’immaginario collettivo. Non c’è da meravigliarsi del fatto che furono numerosi i documentari e i cortometraggi realizzati sull’Anno Santo del 2000 nonché sulla fase preparatoria. Segno – ha precisato Viganò – “della volontà della Santa Sede di sfruttare le potenzialità del mezzo cinematografico per trasformare un appuntamento radicato nella tradizione in un grande evento globale”. Tant’è – ha proseguito – che “la necessità di rispondere adeguatamente alle sollecitazioni del sistema massmediale portò alla scelta di affidare ad un grande regista quale Ermanno Olmi la regia televisiva del momento inaugurale dell’apertura della Porta Santa”.
Estratto dell’articolo di Eugenio Bonanata per VaticanNews.