“Sia attraverso il vostro lavoro, sia attraverso il vostro impegno per cambiare le strutture sociali ingiuste, sia attraverso quel gesto di aiuto semplice, molto personale e ravvicinato, sarà possibile per quel povero sentire che le parole di Gesù sono per lui: Io ti ho amato”. Papa Leone XIV ha firmato il 4 ottobre 2025 la sua prima Esortazione apostolica. Si chiama Dilexi te (“Ti ho amato”) ed è incentrata sull’amore verso i poveri. Oggi è stata presentata ai fedeli di tutto il mondo. Le ultime tre righe sono la sintesi di un documento che mette al centro il povero, l’ultimo, il nostro amore verso il prossimo, la necessità di riconoscere nell’altro il volto di Dio.
“Dilexi te” in un certo senso riprende anche la “Dilexit nos”, l’enciclica di Papa Francesco dedicata al Cuore di Gesù Cristo e all’amore. Cristo ha amato l’uomo e il cuore rappresenta il simbolo dell’amore. Ora si continua questo viaggio, con Papa Leone XIV. L’amore donato da Dio deve essere donato a nostra volta a chi ne ha più bisogno. Ai poveri, ai migranti, ai malati, ai prigionieri.
Ma è lo stesso Papa Leone a spiegarlo nell’esortazione. “In continuità con l’Enciclica Dilexit nos, Papa Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’Esortazione apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri, intitolata Dilexi te, immaginando che Cristo si rivolga ad ognuno di loro dicendo: Hai poca forza, poco potere, ma «io ti ho amato». Avendo ricevuto come in eredità questo progetto, sono felice di farlo mio – aggiungendo alcune riflessioni – e di proporlo ancora all’inizio del mio pontificato, condividendo il desiderio dell’amato Predecessore che tutti i cristiani possano percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri”.
Ma non solo. C’è anche una Lettera che accompagna il Documento firmata Papa Leone. “Caro fratello in Cristo, È con grande gioia che ti scrivo, seguendo una pratica iniziata da Papa Francesco più di dieci anni fa, che coinvolge l’intero Collegio Episcopale nei momenti importanti del Magistero Papale. Possa “Dilexi te” aiutare la Chiesa a servire i poveri e ad avvicinare i poveri a Cristo”.
“Dilexi te” è composta da 5 capitoli e da 121 punti. Il primo capitolo riguarda i grandi insegnamenti di San Francesco e alcune parole indispensabili sui poveri. “Sulla povertà non dobbiamo abbassare la guardia. In particolare ci preoccupano le gravi condizioni in cui versano moltissime persone a causa della mancanza di cibo e di acqua. Ogni giorno muoiono migliaia di persone per cause legate alla malnutrizione. Anche nei Paesi ricchi le cifre relative al numero dei poveri non sono meno preoccupanti. In Europa sono sempre di più le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. In generale si nota che sono aumentate le diverse manifestazioni della povertà. Essa non si configura più come un’unica condizione omogenea, bensì si declina in molteplici forme di depauperamento economico e sociale, riflettendo il fenomeno delle crescenti disuguaglianze anche in contesti generalmente benestanti”, scrive il Papa.
Ma chi sono davvero i poveri? Si legge così: “I poveri non ci sono per caso o per un cieco e amaro destino. Tanto meno la povertà, per la maggior parte di costoro, è una scelta. Eppure, c’è ancora qualcuno che osa affermarlo, mostrando cecità e crudeltà. Ovviamente, tra i poveri c’è pure chi non vuole lavorare, magari perché i suoi antenati, che hanno lavorato tutta la vita, sono morti poveri. Ma ce ne sono tanti – uomini e donne – che comunque lavorano dalla mattina alla sera, forse raccogliendo cartoni o facendo altre attività del genere, pur sapendo che questo sforzo servirà solo a sopravvivere e mai a migliorare veramente la loro vita”.
Il secondo capitolo dell’esortazione si intitola: “Dio sceglie i poveri”. “Questa “preferenza” non indica mai un esclusivismo o una discriminazione verso altri gruppi, che in Dio sarebbero impossibili; essa intende sottolineare l’agire di Dio che si muove a compassione verso la povertà e la debolezza dell’umanità intera e che, volendo inaugurare un Regno di giustizia, di fraternità e di solidarietà, ha particolarmente a cuore coloro che sono discriminati e oppressi, chiedendo anche a noi, alla sua Chiesa, una decisa e radicale scelta di campo a favore dei più deboli”, si legge così nel primo documento di Papa Leone XIV.
L’amore per i poveri si rintraccia sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. “È innegabile che il primato di Dio nell’insegnamento di Gesù si accompagna all’altro punto fermo che non si può amare Dio senza estendere il proprio amore ai poveri. L’amore per il prossimo rappresenta la prova tangibile dell’autenticità dell’amore per Dio… Nella prima comunità cristiana il programma di carità non derivava da analisi o da progetti, ma direttamente dall’esempio di Gesù, dalle parole stesse del Vangelo. La vita delle prime comunità ecclesiali, narrata nel canone biblico e giunta a noi come Parola rivelata, ci viene offerta come esempio da imitare e come testimonianza della fede che opera per mezzo della carità, e rimane quale monito permanente per le generazioni a venire. Nel corso dei secoli, queste pagine hanno sollecitato il cuore dei cristiani ad amare e a generare opere di carità, come semi fecondi che non smettono di produrre frutti”, si legge ancora in Dilexi te.
Passiamo al terzo capitolo, “Una Chiesa per i poveri”. “Tre giorni dopo la sua elezione, il mio Predecessore espresse ai rappresentanti dei media il desiderio che la cura e l’attenzione per i poveri fossero più chiaramente presenti nella Chiesa: Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”, parte proprio da qui la riflessione di Papa Leone.
I Padri della Chiesa riconoscevano nei poveri “una via privilegiata di accesso a Dio”, “un modo speciale per incontrarlo”. Nell’esortazione spicca poi la figura di San Giovanni Crisostomo, Arcivescovo di Costantinopoli tra il IV e il V secolo. Il Papa lo definisce “il più ardente predicatore della giustizia sociale” e fa molti esempi delle lezioni di Crisostomo. “Il Crisostomo denunciava con veemenza il lusso eccessivo, che coesisteva con l’indifferenza verso i poveri. L’attenzione dovuta a loro, più che una mera esigenza sociale, è condizione per la salvezza”.
Poi nell’esortazione il riferimento a Sant’Agostino. “Il santo Vescovo di Ippona ha insegnato a sua volta l’amore preferenziale per i poveri. Pastore vigile e teologo di rara chiaroveggenza, egli si rende conto che la vera comunione ecclesiale si esprime anche nella comunione dei beni. Per Agostino, il povero non è solo una persona da aiutare, ma la presenza sacramentale del Signore.”, scrive il Pontefice del suo amato santo.
Un’attenzione particolare deve essere riservata ai malati. “La compassione cristiana si è manifestata in modo peculiare nella cura dei malati e dei sofferenti. Sulla base dei segni presenti nel ministero pubblico di Gesù – la guarigione di ciechi, lebbrosi e paralitici –, la Chiesa comprende che la cura dei malati, nei quali riconosce prontamente il Signore crocifisso, è una parte importante della sua missione”, ricorda il Papa nella Dilexi te.
“Prendendosi cura dei malati con affetto materno, come una madre si prende cura del suo bambino, molte donne consacrate hanno svolto un ruolo ancora più diffuso nell’assistenza sanitaria ai poveri. Le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, le Suore Ospedaliere, le Piccole Suore della Divina Provvidenza e molte altre congregazioni femminili sono diventate una presenza materna e discreta negli ospedali, nelle case di cura e nelle case di riposo. Hanno portato lenimento, ascolto, presenza e, soprattutto, tenerezza. Hanno costruito, spesso con le proprie mani, strutture sanitarie in zone prive di assistenza medica”. Il Pontefice nel Documento riporta questi ed altri esempi concreti.
Anche la vita monastica riserva la sua importanza ai poveri, e il Papa lo ricorda. “La vita monastica, nata nel silenzio dei deserti, fu fin dall’inizio una testimonianza di solidarietà. I monaci lasciavano tutto – ricchezza, prestigio, famiglia – non solo perché disprezzavano i beni del mondo – contemptus mundi – ma per incontrare, in questo distacco radicale, il Cristo povero. L’ospitalità monastica benedettina rimane ancora oggi segno di una Chiesa che apre le porte, che accoglie senza chiedere, che guarisce senza esigere nulla in cambio. La tradizione monastica insegna in questo modo che preghiera e carità, silenzio e servizio, celle e ospedali, formano un unico tessuto spirituale. Il monastero è un luogo di ascolto e di azione, di culto e di condivisione.”
Poi nell’esortazione c’è anche un riferimento alle persone private della loro libertà e il pensiero va subito ai carcerati, tanto cari a Papa Francesco.
Per Leone è importante “l’educazione dei poveri”, perché “per la fede cristiana, non è un favore, ma un dovere. I piccoli hanno diritto alla conoscenza, come requisito fondamentale per il riconoscimento della dignità umana. Insegnare ad essi è affermarne il valore, dotandoli degli strumenti per trasformare la loro realtà”.
Nell’esortazione vengono citati anche i migranti. “La tradizione dell’attività della Chiesa per e con i migranti continua e oggi questo servizio si esprime in iniziative come i centri di accoglienza per i rifugiati, le missioni di frontiera, gli sforzi di Caritas Internationalis e di altre istituzioni. Il Magistero contemporaneo ribadisce chiaramente questo impegno”.
Foto: Vatican Media