”Celebrando il Giubileo delle équipe sinodali e degli organi di partecipazione, siamo invitati a contemplare e a riscoprire il mistero della Chiesa, che non è una semplice istituzione religiosa né si identifica con le gerarchie e con le sue strutture”. Il Papa presiede nella Basilica di San Pietro la messa conclusiva per il Giubileo delle equipe sinodali e pronuncia parole chiare su come debba essere la Chiesa.
”La Chiesa, – osserva – come ci ha ricordato il Concilio Vaticano II, è il segno visibile dell’unione tra Dio e l’umanità, del suo progetto di radunarci tutti in un’unica famiglia di fratelli e sorelle e di farci diventare suo popolo: un popolo di figli amati, tutti legati nell’unico abbraccio del suo amore. Guardando al mistero della comunione ecclesiale, generata e custodita dallo Spirito Santo, possiamo comprendere anche il significato delle équipe sinodali e degli organi di partecipazione; essi esprimono quanto accade nella Chiesa, dove le relazioni non rispondono alle logiche del potere ma a quelle dell’amore”.
Quindi Prevost ricorda le parole del suo predecessore: ”Le prime – per ricordare un monito costante di Papa Francesco – sono logiche ‘mondane’, mentre nella Comunità cristiana il primato riguarda la vita spirituale, che ci fa scoprire di essere tutti figli di Dio, fratelli tra di noi, chiamati a servirci gli uni gli altri”.
”Regola suprema, nella Chiesa, è l’amore: nessuno è chiamato a comandare, tutti sono chiamati a servire; nessuno deve imporre le proprie idee, tutti dobbiamo reciprocamente ascoltarci; nessuno è escluso, tutti siamo chiamati a partecipare; nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme”, dice ancora il Papa.
”Proprio la parola ‘insieme’ – sottolinea – esprime la chiamata alla comunione nella Chiesa. Papa Francesco ce lo ha ricordato anche nel suo ultimo Messaggio per la Quaresima: ‘Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa.. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio”.
”Le équipe sinodali e gli organi di partecipazione sono immagine di questa Chiesa che vive nella comunione. E oggi vorrei esortarvi: nell’ascolto dello Spirito, nel dialogo, nella fraternità e nella parresìa, aiutateci a comprendere che, nella Chiesa, prima di ogni differenza di genere e di ruolo, siamo chiamati a camminare insieme alla ricerca di Dio, deponendo il clericalismo e la vanagloria, per rivestirci dei sentimenti di Cristo; aiutateci ad allargare lo spazio ecclesiale perché esso diventi collegiale e accogliente”, continua Prevost.
”Questo ci aiuterà ad abitare con fiducia e con spirito nuovo le tensioni che attraversano la vita della Chiesa – tra unità e diversità, tradizione e novità, autorità e partecipazione -, lasciando che lo Spirito le trasformi, perché non diventino contrapposizioni ideologiche e polarizzazioni dannose”, scandisce.
” Non si tratta – chiarisce Leone – di risolverle riducendo l’una all’altra, ma di lasciarle fecondare dallo Spirito, perché siano armonizzate e orientate verso un discernimento comune. Come équipe sinodali e membri degli organismi di partecipazione sapete infatti che il discernimento ecclesiale richiede ‘libertà interiore, umiltà, preghiera, fiducia reciproca, apertura alla novità e abbandono alla volontà di Dio. Non è mai l’affermazione di un punto di vista personale o di gruppo, né si risolve nella semplice somma di pareri individuali’ . Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede, ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’Amore”.
Il Papa mette in guardia la Comunità cristiana: ”Quando l’io prevale sul noi” si generano ”personalismi che impediscono relazioni autentiche e fraterne; quando la pretesa di essere migliori degli altri, come fa il fariseo col pubblicano, crea divisione e trasforma la Comunità in un luogo giudicante ed escludente; quando si fa leva sul proprio ruolo per esercitare il potere e occupare spazi”.
Poi il santo Padre, commentando la parabola del Vangelo del giorno dedicato al fariseo e al pubblicano, osserva: ”È al pubblicano che dobbiamo guardare. Con la sua stessa umiltà, anche nella Chiesa dobbiamo tutti riconoscerci bisognosi di Dio e bisognosi gli uni degli altri, esercitandoci nell’amore vicendevole, nell’ascolto reciproco, nella gioia del camminare insieme”.
”Dobbiamo sognare e costruire una Chiesa umile. Una Chiesa che non sta dritta in piedi come il fariseo, trionfante e gonfia di sé stessa, ma si abbassa per lavare i piedi dell’umanità; una Chiesa che non giudica come fa il fariseo col pubblicano, ma si fa luogo ospitale per tutti e per ciascuno; una Chiesa che non si chiude in sé stessa, ma resta in ascolto di Dio per poter allo stesso modo ascoltare tutti”. E’ la Chiesa di papa Prevost.
”Impegniamoci a costruire una Chiesa tutta sinodale, tutta ministeriale, tutta attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo”, dice Leone XIV.
Il Pontefice chiude l’omelia con le parole di don Tonino Bello nella preghiera a Maria: ”Su di voi, su noi tutti, sulla Chiesa sparsa nel mondo, invoco l’intercessione della Vergine Maria con le parole del Servo di Dio don Tonino Bello: ‘Santa Maria, donna conviviale, alimenta nelle nostre Chiese lo spasimo di comunione. Aiutale a superare le divisioni interne. Intervieni quando nel loro grembo serpeggia il demone della discordia. Spegni i focolai delle fazioni.
Ricomponi le reciproche contese. Stempera le loro rivalità. Fermale quando decidono di mettersi in proprio, trascurando la convergenza su progetti comuni’. Ci conceda il Signore questa grazia: essere radicati nell’amore di Dio per vivere in comunione tra di noi. Ed essere, come Chiesa, testimoni di unità e di amore”.






