Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Lazzaro sentiva dispiacere del disonore che faceva la sorella [Maddalena] alla sua casa. Ove non è da dubitare che l’ammonisse, ma anche minacciasse, come sogliono fare i parenti in casi tali (I 385).
Tutti si preoccupano molto del proprio buon nome, perfino le persone “da galera”; e quante falsità si dicono per evitare il disonore. Lo constatiamo spesso: dalle piccole bugie per “salvarsi” da qualche accusa che ci fa arrossire, alle falsità e calunnie perfino da parte di testimoni in tribunale dopo aver giurato di «dire tutta la verità». Le grandi anime che, per amore di Dio, sanno sopportare disonori e tant’altro, avranno invece una celeste ricompensa: «O gloriosi misteri non intesi da uomini carnali e sensuali» (III 206) [→ Infamia].
«Altri infiniti angeli s’opposero a essi ribelli, parendogli cosa in disonore di quel Dio che senza meriti li aveva di niente creati dandogli tanta gloria; dove questi angeli fedeli feccero con quelli rebelli e contumaci una crudele guerra non di spada, ma di voluntà; e restando i fedeli vincitori, deposero di stato i rebelli, privandoli dell’impero celeste glorioso e risplendente, e cacciandoli in una cloaca di fetore e di tenebre» (III 124-125).
«O poverelli [gli eretici], che sino nella beatissima Vergine vogliono mettere la loro sacrilega lingua, disonorandola e tenendola in vil conto» (III 91). «Coloro che si porranno un oggetto infame, carnale, e per questo consumeranno oro, argento e quanto avranno e, peggio, consumeranno l’anima e il corpo, finiranno la loro vita con infamia e disonore, con pericolo della salvezza eterna per le cattive abitudini» (cf. II 337). Dio dice: «Quanto più in questa vita cercheranno me in bassezza, viltà, disonorati e perseguitati […], tanto si preparano in cielo maggiori corone di gloria e dignità» (II 323); e quanti «per dar gloria a me passeranno per ogni persecuzione e disonore […] sempre meco staranno legati» (II 334-335).